Lecco, 3 dicembre 2012 - È con dolore che, in Azienda Ospedaliera, si è appreso quanto i soccorritori transalpini hanno comunicato ai familiari e cioè che non ci sono più speranze di ritrovare vivo Francesco Cantù, disperso sul Dome des Ecrins, insieme ad altri due alpinisti italiani.

Primario del reparto di Cardiologia dell’ospedale di Lecco, Cantù insieme ai compagni di cordata Damiano Barabino e Luca Gaggianese era partito la notte di domenica 25 novembre per affrontare la via “Giulotte Gabarrou-Marsigny” alla Barre des Écrins. Per loro, esperti alpinisti, doveva essere un’ascesa veloce da concludersi in giornata, ma il maltempo ha complicato le cose e dopo l’ultima comunicazione telefonica avvenuta lunedì 26 di loro non si è avuto più notizia e non si è trovata più traccia nonostante le ricerche che si sono svolte con gli elicotteri e con le squadre di soccorso.

Un sentimento di grande tristezza pervade tutta la comunità ospedaliera: a Lecco, Merate e Bellano e nelle strutture territoriali, a partire dalla Cardiologia del Manzoni e dai suoi operatori, tra i quali Cantù ha operato come Primario sino a pochi giorni prima della sua drammatica avventura alpina.

“Si fa fatica a credere alla terribile conclusione dei soccorritori francesi dopo una settimana di ricerca in cui ci si è prodigati con ogni mezzo. Lo smarrimento è forte”, dichiara Mauro Lovisari, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera che ricorda le qualità umane di Francesco Cantù, le sue capacità di fare squadra nel Dipartimento Cardiovascolare e tra i suoi colleghi , conquistando la loro stima e la loro fiducia.

L’Ospedale deve tanto a Francesco Cantù. L’attività cardiologica era già ad ottimi livelli di qualità sanitaria: con il suo arrivo, nell’aprile scorso, con un’esperienza di elettrofisiologo, nonostante la sua giovane età, riconosciuta a livelli internazionali, la struttura del Manzoni ha conquistato, ben presto, nuovi traguardi”, fanno sapere dall’Azienda Ospedaliera. “Oggi si può dire che l’Ospedale di Lecco – continua Lovisari – è divenuto, grazie a lui, centro di riferimento a livello regionale per quanto riguarda la metodica dell’ablazione trans-catetere (tecnica in grado di bruciare le cellule che danno origine ad aritmia cardiaca) e si propone a livello nazionale come polo all’avanguardia nell’utilizzo di questa metodica su pazienti in età pediatrica”.

Vale la pena ricordare che Cantù ha operato, per la prima volta al Manzoni, nell’ottobre scorso, due ragazzi di 10 e 11 anni con questa tecnica, da lui già utilizzata al Riuniti di Bergamo, da cui proviene. Qualche giorno dopo ha operato, al Mandic, con un intervento di ablazione, una paziente di 65 anni: era la prima volta che succedeva all’Ospedale di Merate.

Quando l’ablazione non è sufficiente, si deve optare per l’impianto di un defibrillatore. Per riuscire a posizionarlo in modo preciso, con pochi margini di errore, Cantù ha validato un sistema denominato Cardioguide, una sorta di “navigatore” , con tecnologia sofisticata, in grado di posizionare nel modo più adeguato possibile il dispositivo. Ha così consentito all’Ospedale di Lecco di assumere il ruolo di centro training per l’utilizzo della nuova tecnologia. Recentemente, presentata al Congresso Internazionale di Aritmologia (a Nizza, lo scorso giugno) , ha registrato un notevole successo, suggellato dall’assegnazione del premio Innovation Award.

“Tutti noi, medici, infermieri, tecnici ed amministrativi, dalla Direzione Strategica all’ultimo dei collaboratori – aggiunge il Direttore Generale – siamo particolarmente vicini alla famiglia di Francesco, in particolare a sua moglie e a suoi figli”.