Paderno D'Adda, 20 novembre 2012 - La verità, o parte di essa, sull’omicidio di Antonio Caroppa, il 42enne di Paderno d’Adda freddato lo scorso 10 maggio con un colpo di pistola alla gola nel box sotto casa, potrebbe arrivare dalla memoria del suo computer. Non tanto per quello che è stato registrato nell’hard disk, piuttosto per quello che non c’è. Il padre di famiglia infatti in passato era stato “attenzionato” dagli agenti della Polizia postale perché qualcuno aveva presentato contro di lui un esposto anonimo sostenendo che nel Pc sarebbe stato rivenuto materiale scottante non meglio specificato.

In realtà gli accertamenti non hanno riscontrato nulla di anomalo né di compromettente, segno che si trattava di un tentativo di incastrarlo. Chi ha voluto in qualche modo screditarlo, senza riuscirci in alcun modo, forse è lo stesso che ne ha ordinato l’esecuzione. L’ipotesi investigativa potrebbe trovare riscontri nella superperizia informatica disposta sul suo desktop, il cui esito è stato depositato proprio ieri negli uffici della Procura della repubblica lecchese e già in mano anche ai legali delle tre persone arrestate per il delitto, ovvero Vito Zotti che difende la 53enne di Dolzago Tiziana Molteni, Maria Grazia Corti che rappresenta il 45enne di Lurago d’Erba Fabio Citterio - ritenuti gli esecutori materiali - e Stefano Didonna di Santo Valerio Pirrotta, anche lui di 45 anni e luraghese, che si presume sia stato l’intermediario tra il mandante di qualla che potrebbe essere stata una spedizione punitiva finita male e i due che hanno premuto il grilletto.

Ma quest’ultimo si è sempre professato innocente ed estraneo alla vicenda e continua tutt’ora, nonostante i cinque mesi trascorsi in cella. Eppure quella maledetta sera a Paderno c’era anche lui: era sulla Matiz del compaesano, lo confermano le immagini di alcune telecamere e le celle agganciate dal suo telefonino. «Sì era con loro, ma non era a conoscenza di quello che avrebbero dovuto compiere, lo hanno attirato in un tranello», spiega il suo avvocato. Il quale sostiene pure che il suo assistito non risulta coinvolto nemmeno nel mistero di Maddalena Calabria, la collaboratrice domestica di 38 anni di Molteno, scomparsa nel 1993, le cui ossa sono state rinvenute a Tavernerio nel 2001.

Eppure è stato lui a informare gli inquirenti che i reperti erano della donna e a metterli sulla strada giusta. Non solo ha anche puntato il dito contro i due supposti complici dell’assassinio di Paderno. «Ma se, come sembra, non sono stati loro due, lui come può conoscere i dettagli di quella vicenda?», si chiede Marcello Perillo, difensore di Fabio Citterio.

di Daniele De Salvo