Lecco, 31 ottobre 2012 - Era caduto dal balcone dell’appartamento al terzo piano di un’abitazione di Garlate. Il bimbo di appena tre anni, figlio di una famiglia di senegalesi, era precipitato da un’altezza di poco superiore ai dieci metri. Era il 9 giugno 2010 e solo per un miracolo il piccolo si era salvato, procurandosi solo la frattura del femore e alcune lievi lesioni. Dopo alcuni giorni trascorsi in osservazione nel reparto di Rianimazione dell’ospedale «Manzoni», il piccolo era stato dimesso ed era ritornato a casa da mamma e papà e dai tre fratelli maggiori.
 

Sfiorata il dramma la Procura di Lecco aveva però deciso di aprire un fascicolo nei confronti della madre del piccolo - Thioro Mbyae - indagata con l’ipotesi di reato di abbandono di minori. Ieri la signora, difesa dall’avvocato Caterina Busellu del Foro di Lecco, è comparsa in aula per la prima udienza del processo (pm Alessandro Figini) a suo carico. Il primo teste ascoltato è stato il maresciallo Danilo Arrigoni della Stazione dei carabinieri di Olginate, che erano intervenuti sul posto subito dopo l’incidente. «Abbiamo verificato il punto dove era caduto il bambino e non c’erano tracce di sangue. Poi ci siamo recati in ospedale, dove la mamma ci ha devvo che era in bagno e l’aveva perso di vista».
 

Tesi che la signora ha ripetuto ieri mattina in aula. «Ero in bagno e mi ha chiamato: era sul letto. Poi dopo poco l’ho sentito pianegere: sono corsa in camera e non c’era e quindi dal balcone ho visto che era caduto. Ho cominciato a gridare e a chiedere aiuto. Non mi era mai capitata una cosa del genere, nemmeno con gli altri tre figli. Per fortuna è andato tutto bene, è stato un miracolo».L'accusa ha chiesto alla donna se avesse bevuto, circostanza peraltro già esclusa dai carabinieri. La donna ha confermato di essere stata assolutamente sobria. Il giudice Gian Marco De Vincenzi ha aggiornato il processo al 20 novembre prossimo. Si va verso l’assoluzione.
 

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