Lecco, 19 ottobre 2012 - Da padre scrupoloso, marito fedele e felice in un giorno ha perduto tutto. Soprattutto quell’unico figlio "che vedo una volta al mese perché mia moglie se l’è portato con sè a mille chilometri di distanza da Lecco con il benestare di un giudice". Marcello Mazza, architetto lecchese di 38 anni, è uno dei tanti padri separati italiani "che ha capito come l’affidamento condiviso sia per ora una legge disattesa». La storia di Marcello rischia di essere l’ennesimo esempio di una legge - quella sulla bigenitorialità - che in molti casi resta «una scatola vuota" piena di bei contenuti ma priva di attuazione nel concreto.
 

Nel 2006 Marcello si sposa e sua moglie, conosciuta all’università di Firenze ma pugliese d’origine, si trasferisce nel Lecchese. Anche lei è architetto e insieme costruiscono una bella villetta: il più bel regalo per il bimbo che arriva l’anno successivo. Ma il matrimonio si incrina. "Mia moglie ha cominciato col dirmi che a Lecco non si ambientava - racconta - e così ha cominciato a trascorrere sempre più tempo in Puglia, portandosi con sé nostro figlio".

La situazione non è più sostenibile, la distanza acuisce i dissapori e Marcello è costretto a chiedere la separazione, avviata nel luglio dello scorso anno. "Nella prima ordinanza il giudice stabilisce che dovevo duemila euro al mese, mille per mia moglie e mille per mio figlio e che entrambi potevano vivere nella villetta di Abbadia. Io potevo vederlo a weekend alterni, il venerdì dalle 18 alle 21 e il mercoledì dalle 14 alle 19". Così Marcello è costretto a trovarsi un’altra sistemazione ma i problemi non finiscono qui "perché non riesco a pagare quei soldi, non ne guadagno così tanti con la crisi: al massimo posso arrivare a 400". In una nuova udienza del marzo scorso il giudice gli pignora lo studio e decide che «mia moglie non può vivere con quei soldi, anche se lei stessa fa la professionista e ha un suo reddito".
 

Il Giudice Quartarone stabilisce anche che "l’assegno si riduce a mille euro ma mia moglie può trasferirsi in Puglia a mie spese, perché ad Abbadia non c’è alcun radicamento. E il padre cos’è, mi chiedo?". L’assurdità è che nella sentenza si ribadisce l’affidamento condiviso "ma mio figlio non è un pacco postale". Marcello vive una situazione insostenibile. "Sto male perché non vedo mai mio figlio. Forse però per i giudici il padre e la madre non sono la stessa cosa, ma sul cuore di un padre non esiste nome se non quello dei propri figli".
"Mi sento ricattato come se mia moglie fosse il sequestratore di mio figlio e grido tutto il mio dolore perché questa vicenda non finisca come quella del piccolo Leonardo di Padova".

andrea.morleo@ilgiorno.it