Lecco, 9 settembre 2012 - «In questa situazione i politici hanno dato il peggio di loro stessi. Sono stati scomposti». Beppino Englaro vede scorrere sullo schermo le immagini di «Bella addormentata», lo colpisce un ispirato Toni Servillo che dà voce e volto ai tormenti di un senatore che fu socialista, diviso fra l’obbedienza di partito e la coscienza di chi non ha esitato a staccare la spina per troncare l’agonia della moglie più che amata. Eluana Englaro.

Udine rivive un difficile passato e lo fa con dignità e interesse. Tornano quei sette giorni nevrotici e sconnessi, dal 3 al 9 febbraio 2009, che precedettero l’interruzione, dopo diciassette anni, della vita artificiale della donna di Lecco. Come su un arazzo il film di Marco Bellocchio racconta storie a cui quella di Eluana fa da motore e collante: una giovane tossicomane che un medico contrasta nella sua assoluta volontà di suicidio; una grande attrice che ha trasformato la casa in un tempio sanitario e religioso attorno a una bellissima figlia immersa nella notte senza fine del coma; il lacerato senatore di Servillo.

Le immagini di Sky e dei telegiornali. Un filmato di Amato De Monte, il primario anestesista che guidò il congedo, capelli ricci, baffi arruffati: «Eluana non soffrirà perché Eluana è morta diciassette anni fa». De Monte è in sala, i giornalisti lo cercano: «Questa vicenda mi ha fatto cambiare il modo di affrontare la professione e anche la vita».
Englaro si difende dall’emozione confessata all’inizio passandosi ogni tanto una mano sul viso, lisciando la camicia bianca aperta, scambiando rapide parole con chi gli siede vicino. Non riesce a trattenere la commozione davanti a una delle scene più intense, l’incontro in autogrill fra Maria, figlia del politico e militante del Movimento per la Vita, e Roberto. Maria (la bravissima, sensibilissima Alba Rohrwacher, presente a Udine) chiede dell’acqua: «Non acqua da bere, acqua per Eluana”».

Commenta Englaro: «Mi sono sentito dire un numero infinito di volte che mia figlia sarebbe ‘morta di fame e di sete’. Si è parlato di eutanasia quando l’eutanasia è un reato e con la storia di Eluana non c’entrava per niente». La casa di cura «La Quiete» dove si sta consumando il congedo di Eluana. I lumini, le bottiglie d’acqua, i cartelli, le litanie, i canti di “Christus vincit, Christus Regnat”. Giorni che Englaro ha vissuto a Lecco, lontano dal delirio mediatico e dalle baruffe parlamentari. «Che cosa sarebbe interessato a Eluana tutto questo? Niente. Le interessava il rispetto altrui, che non fossero gli altri a decidere di lei e della sua vita. Non aveva neanche dieci anni e per non essersi sentita abbastanza rispettata da noi genitori ci aveva apostrofato: ‘Cosa credete voi di c’entrare con la mia vita?’. Ecco a tutti Eluana avrebbe chiesto la stessa cosa: ‘Cosa credete di c’entrare con la mia vita?’».

Eluana chiude gli occhi sulla fissità dello sguardo che l’ha accompagnata per quei diciassette anni. Il film schiude invece una speranza, l’abbraccio fra Maria e il padre alla stazione, il gesto tenero della tossica che sfila le scarpe al medico, assopito accanto al suo letto d’ospedale.
Englaro, si attendeva questo film? «Non me lo aspettavo diverso. È una splendida creazione. Mi ha colpito, coinvolto, emozionato. Ben vengano queste creazioni artistiche. Grazie, Marco».

Sa di essere per sempre, per amici e avversari, sostenitori e detrattori, il «padre di Eluana». Un marchio, un destino. Però voluto e cercato. Ripartirà fra poco. Lo attendono altri incontri, dibattiti, presentazioni. Non è stanco, Beppino Englaro, dopo vent’anni di battaglie? «Prima, da buon carnico, la stanchezza era un lusso che non mi potevo concedere. Adesso sarebbe possibile, ma non posso e non voglio. Ho atteso quindici anni prima di avere delle risposte che sono valide non solo per me ma per tutti. Vedo ancora tanta disinformazione su questi temi, c’è ancora tanto bisogno di parlare, di discutere, di approfondire. Per questo andrò avanti».
Andrà avanti. Volontà incrollabile. Cuore devastato.

gabriele.moroni@ilgiorno.net