Santa Maria Hoè, 17 ottobre 2011 - Padre Fausto Tentorio, il missionario del Pime di 59 anni originario di Santa Maria Hoè ucciso nelle Filippine, sapeva che per lui la situazione era difficile. Era già scampato ad un rapimento e ad un attentato. Per questo cercava di non spostarsi mai da solo e metteva in atto diversi accorgimenti per difendersi. In qualche modo però sentiva che per lui sarebbe finita male, tanto che coltivava personalmente una pianta di fiori che diceva avrebbero dovuto essere usati per la sua tomba. Ne parlava scherzando, ma quando il discorso si faceva serio ammetteva che per lui sarebbe potuta finire male. Non amava parlare del contesto pericoloso in cui svolgeva il suo incarico pastorale per evitare di destare preoccupazioni, ma anche il fratello Felice e la sorella Marinella insieme alla cognata Giuliana l’ultima volta che lo avevano ospitato a casa in Brianza, dove ogni tre anni trascorreva qualche mese di vacanza e riposo, avevano percepito che in qualche modo era turbato.

 

“Lui era riuscito a convincere le popolazioni locali ad abbandonare la vita nomade per diventare stanziali in modo che potessero beneficiare di scuola, sanità e assistenza - riferisceil fratello - Questo tuttavia dava fastidio ai grandi latifondisti che evidentemente gliel’avevano giurata. I musulmani e le guerre di religione non c’entrano nulla, è stato ammazzato perché difendeva i poveri da chi voleva controllare il territorio e sfruttarli”. I parenti hanno appreso la notizia alle 4 di notte, ora italiana. E’ stato riferito loro che due sicari, in moto, lo hanno crivellato di proiettili, alle gambe, alle braccia, al petto ed infine il colpo di grazia in testa: un vero e proprio agguato. Presso la villetta di via Villaggio Molgora, dove il religioso soggiornava quando tornava in patria sin dalle prime ore del mattino è cominciata una lunga processione di amici e conoscenti.

 

Tra i primi anche padre Giancarlo Bossi, il confratello rapito nel 2007 sempre nelle Filippine: “Ho perso un amico”, si è limitato a dire. Anche il Cardinale di Milano Angelo Scola ha voluto porgere le proprie condoglianze attraverso una telefonata. Questa sera, alle 20.30, nella chiesa di Rovagnate, si celebrerà una veglia funebre, mentre le esequie si svolgeranno ad Araka, a nord di Cotabato, in quella che per lui era diventata non solo la sua missione, ma la sua terra. Per questo, quando i superiori dopo l’agguato fallito e la morte di due confratelli gli avevano proposto di trasferirlo o che godesse di un anno di riposo in modo che le acque si calmassero, aveva rifiutato perché non voleva abbandonare coloro che lui indicava come la sua gente.