Lecco, 30 settembre 2011 - Assolto nonostante l’accusa avesse chiesto una condanna a tre anni. Il collegio giudicante presieduto da Ambrogio Ceron ha scagionato (sebbene con la formula dubitativa) Giuseppe Magni dall’accusa di concussione. Per i giudici del tribunale di Lecco non è stata raggiunta la prova che l’ex consulente (dal 2001 al 2005) per l’edilizia carceraria del ministro alla Giustizia Roberto Castelli (che poi lo allontanò dopo un esposto alla Procura), avesse chiesto tangenti per il partito (la Lega Nord) ad imprenditori locali.

 

Nella sentenza giunta nel tardo pomeriggio di ieri i giudici hanno ritenuto non oggettivamente riscontrabili le dichiarazioni del grande accusatore di Magni, Pietro Colombo. L’imprenditore lecchese, titolare di due aziende nel Lecchese (un rivenditore di auto, la Niscar, e un’altra nel settore delle rettifiche di motori) ieri compariva tra l’altro anche come imputato in un procedimento connesso: una presunta truffa ai danni dell’Unione europea, dalla quale Colombo avrebbe ottenuto finanziamenti illeciti per un’attività imprenditoriale in Sardegna. Reato per il quale lo stesso pm, Rosa Valotta, ha ritenuto non doversi procedere per intervenuta prescrizione.

 

Non per la vicenda della presunta concussione da parte di Magni, che secondo le testimonianze rese da Colombo (l’incidente probatorio davanti al Gip risale al 9 luglio 2009) gli aveva chiesto una tangente del 7% per procurargli alcune commesse nell’edilizia carceraria nell’estate 2004. Una testimonianza «da ritenersi credibile» per il pm Valotta che al termine della requisitoria ha tratteggiato Magni «come il collettore di soldi per il partito (il sostituto Valotta ha ricordato i 18mila euro in contanti, due blocchi di assegni con al dicitura «Lega» e «Umberto», e infine altri assegni ibntestati a imprenditori locali trovati dalla Finanza a casa di Magni, ndr)» e che nella fattispecie aveva «abusato della sua posizione di consulente per ottenere denaro in cambio di favori».

 

Per l’accusa insomma «uno spaccato triste e desolante perchè non qui non si faceva il bene pubblico ma si cercava il proprio interesse a danno della collettività». Tre anni la pesante condanna chiesta, che ha fatto trasalire lo stesso Magni presente in aula. Quindi le arringhe a cui ha fatto seguito, dopo un’ora di camera di consiglio, il ribaltamento della tesi dell’accusa. «Sono soddisfatto - spiega l’avvocato Vito Zotti, legale di Magni - perchè questa sentenza dimostra che le dichiarazioni di Colombo non sono state ritenute oggettivamente credibili. Anche perchè faccio notare che tutti gli altri teste, da Carlo Angelo Panzeri ad Angelo Battazza, lo avevano già smentito in aula raccontando di non aver mai ricevuto richieste di denaro da Magni».

 

Amaro Magni che comunque ha tirato un grande respiro di sollievo. «Questa vicenda l’ho pagata cara - dice -: sono stato allontanato da quell’incarico e se ho perso le ultime elezioni a Calco, forse è anche un po’ colpa di questa vicenda. Castelli? Con lui i rapporti non esistono più: ancora mi chiedo il perchè di quell’esposto. Chi era Colombo per dargli così credito? Forse avrebbe fatto meglio a credere a me».