Lecco, 3 settembre 2011 - «Prima che qualcuno si svegli e dica che il costo del soccorso in montagna è troppo alto inventandosi qualcosa che vanifichi il lavoro di tanti che hanno portato a una professionalità d’eccellenza, dobbiamo agire». Così Gianni Beltrami, responsabile della XIX delegazione del Soccorso alpino, parla dei molti interventi che vengono effettuati in montagna e che a volte sono richiesti senza una reale necessità.
«Al minimo problema – sottolinea Beltrami – si prende il telefonino e si chiama il 118. Questo fa innalzare i costi di gestione del servizio perché mezzi come l’elicottero hanno dei prezzi veramente alti. È, quindi, giusto pensare di mettere un ticket per chi rifiuta il ricovero dopo aver chiesto soccorso, anche se la soluzione migliore è quella dell’assicurazione». Secondo Beltrami è necessario trovare una via per uscire dallo stallo a causa del quale molti interventi sono inutili. Per chi pensa che questo sistema potrebbe spingere alcune persone in difficoltà ad assumersi dei rischi per scendere comunque dalla montagna Beltrami fa un esempio.
«Se si ferma l’auto in autostrada si chiama il soccorso stradale o si spinge l’auto per cento chilometri? Si chiama il soccorso e lo si paga anche, non vedo questa grande differenza in montagna, ma resto dell’idea che la cosa più giusta sia quella di munirsi di assicurazione. Fino a quando è tutto gratis, nessuno si interessa del problema, ma nel momento in cui diventa a pagamento le cose cambieranno».
Per il responsabile del Soccorso alpino la spesa è irrisoria. «Se si decide di praticare un’attività sportiva è giusto essere anche tutelati da un punto di vista assicurativo. Le soluzioni sono parecchie e non sono certamente costose. Io ho la tessera del Cai, costa 40 euro all’anno e comprende anche il costo del recupero in caso di chiamata di soccorso. Munirsi di questa assicurazione, se non con il Cai con una società privata, non è una spesa pazzesca, si può sostenere tranquillamente». Secondo Beltrami in un momento di tagli economici non si può rischiare di sacrificare un servizio efficiente e qualificato come quello del Soccorso alpino.
«Il mio timore – sottolinea l’esperto – è che qualcuno decida che i costi sono fissi a prescindere dal numero di interventi. Questo potrebbe mettere a rischio il lavoro fatto da tanti volontari in questi anni. Se tutti fossero muniti di assicurazione o si dovesse pagare un ticket, i soldi destinati al Soccorso alpino potrebbero essere utilizzati per migliorare ulteriormente le attrezzature a disposizione, per fare istruzione e aumentare ulteriormente il livello dei tecnici, per fare campagne di sensibilizzazione. Questi soldi potrebbero essere spesi molto meglio se chi viene soccorso fosse assicurato. Si creerebbe un circolo virtuoso per cui gli interventi di emergenza sarebbero sempre più rapidi e mirati».
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