Mercoledì 24 Aprile 2024

STORIE DI CRISI / "Il lavoro? Noi l'abbiamo trovato in Giordania". La sfida di Luca, Eleonora e Martina

lntervista a tre giovani italiani "emigrati" in Medio Oriente: ora hanno tutti una diversa occupazione ad Amman, con incarichi di responsabilità

Eleonora Biasi, Luca Sangalli e Martina Terraglia

Eleonora Biasi, Luca Sangalli e Martina Terraglia

Amman, 14 ottobre 2014 – L’ultimo rapporto della Fondazione Migrantes sulla presenza degli italiani nel mondo rivela che quasi 95mila cittadini del Belpaese hanno scelto di emigrare all’estero nel 2013 (+16,1% rispetto all’anno precedente). L’esodo riguarda prevalentemente i giovani tra i 18 e i 34 anni, anche se non mancano fasce più adulte. Ma se scontata appare la scelta di trasferirsi in Gran Bretagna, Germania e Usa, più insolita sembra quella di spostarsi nell’area del Medio Oriente alla ricerca di prospettive lavorative e professionali che in Italia si fa sempre più fatica a trovare.

Non la pensa così Luca Sangalli, 24 anni, di Carugate (Milano), studi in Lingue e relazioni internazionali alla Cattolica, da un anno ad Amman in Giordania. “A dire il vero ho lasciato il nostro Paese due anni fa: prima ho lavorato a Luxor, in Egitto, come direttore di una scuola di lingue, poi sono venuto qui per fare un master in Diritti e sviluppo umani”. Quindi è qui per studio? “Sì, ma non solo. Da quasi tre mesi lavoro per una Ong italiana che si chiama ‘Un ponte per’ e seguo un progetto che si occupa di rifugiati siriani”. Un tema di grande attualità… “Qui in Giordania sono registrati 619mila siriani, ma stime non ufficiali parlano addirittura di un milione”. E nello specifico di cosa si occupa? “Curo l’organizzazione di un programma radiofonico rivolto ai rifugiati che vivono fuori dai campi profughi, che poi sono l’80% delle persone. Ci occupiamo di fornire loro informazioni sui servizi e gli aiuti messi a disposizione da governo, istituzioni, associazioni private. Insomma diffondiamo notizie su attività che potrebbero interessarli e aiutarli a ricostruirsi una nuova vita”.

Luca parla arabo, ovviamente. Ma qui non è una rarità. Anche Eleonora Biasi, 27 anni, di Treviso, laurea magistrale in Scienze politiche sempre alla Cattolica, conosce bene la lingua locale e anche lei ha deciso di emigrare nella capitale giordana. “Seguo un master online in Finanza islamica (la sede delle lezioni è Kuala Lumpur in Malesia, ndr) e da otto mesi lavoro per una Ong americana, la Near East Foundation. Mi occupo di programmi di microcredito per giordani in difficoltà e cash assistence per profughi iracheni”. Come è arrivata qui? “Studiavo arabo in Egitto e la general manager della scuola, a un certo punto, mi ha proposto di venire ad aprire una sede ad Amman. Mi sono detta: perché no? Così ho fatto e ho lavorato nel centro linguistico per otto mesi. Poi ho cambiato lavoro”.

La scuola in questione (Ahlan Jordan), tuttavia, non ha perso la sua ‘italianità’: la vicedirettrice adesso è Martina Terraglia, 26 anni, di Avellino, laureata in Studi arabo-islamici e del Mediterraneo all’Orientale di Napoli. A lavorare in Italia ci ha provato. “Avevo fatto domanda di dottorato nella mia università, ma non mi hanno preso. Così, quando ho saputo che si liberava un posto nella scuola dove avevo studiato per tre mesi l’anno scorso, ho fatto domanda. Mi sono trasferita qui da inizio marzo”. Delusione per quel ‘no’ della sua facoltà? “Sì, l’obiettivo resta quello di prendere il dottorato e insegnare all’università. Ma al momento sono felice del mio lavoro, in più questo mi permette di essere economicamente indipendente”. Ma non c’è preoccupazione da parte della sua famiglia per la situazione qui in Medio Oriente? “Certo, ma i miei mi vedono realizzata e sono contenti per me, specialmente se guardano alla situazione occupazionale di tanti miei coetanei in Italia”. Avete tutti e tre incarichi di una certa responsabilità nonostante la vostra giovane età... “A dire il vero nel mio gruppo di lavoro siamo tutti under 35 – sottolinea Luca –. Magari per gli standard italiani può sembrare strano, ma qui no”. Di recente avete anche aperto un blog, in inglese però. “Sì, si chiama Jabal Italia (http://jabalitalia.wordpress.com/) – spiega Martina –. Raccontiamo come si vive qui ad Amman, diamo notizie utili, ci sono episodi divertenti e anche lezioni di arabo ‘in pillole’. Ma non volevamo limitare la sua lettura solo ai nostri connazionali, in inglese è accessibile e consultabile da tutti”. Immaginate di non essere partiti, cosa pensate che fareste adesso in Italia? “Al massimo darei ripetizioni ai ragazzini delle medie, come facevo prima di partire”, dice ridendo Luca. “Molti miei ex compagni di facoltà sono ancora alla ricerca di un’occupazione oppure fanno gli stagisti non retribuiti. Ma c’è anche chi lavora come cameriere in attesa di trovare qualcosa di meglio”, spiega invece Eleonora. Il sogno di tutti e tre resta quello che di ritornare in Italia un giorno, ma per il momento la prospettiva non sembra così vicina.

Daniela Laganà