La forza delle cose nei capolavori di Renato Guttuso

Una mostra con oltre 50 opere. Dal 16 settembre l'evento a Pavia

L’opera intitolata semplicemente “Angurie” di Renato Guttuso

L’opera intitolata semplicemente “Angurie” di Renato Guttuso

Pavia, 25 giugno 2016 - «Sempre ha contato, soprattutto, per me il rapporto con le cose. Trovare, o credere di trovare, questo rapporto (naturalmente non stabile né fisso) ha significato, in qualche modo, tentare la possibilità di comunicare tale rapporto. Un’arte senza pubblico non esiste». Un programma estetico, una dichiarazione d’intenti, a voler esagerare una professione di fede: nella pittura. Così, in poche, precise e schiette parole, libere dalle fumisterie tanto care ai critici, Renato Guttuso riassumeva la sua arte: tele che colpissero la gente al cuore, non solo nella mente, e che narrassero racconti visivi, raccolti nel ritratto di modeste infuocate angurie, ripercorse nella memoria ancora nel 1986, immensi nell’evocazione dei funerali di Togliatti.

Il rapporto con le cose: e reca appunto il titolo “La forza delle cose” la mostra che porterà Guttuso a Pavia, dal 16 settembre al 18 dicembre, a illuminare di pennellate senza pentimenti, di “Un angolo dello studio di via Pompeo Magno”, 1942 (dettaglio) di Guttusocolori solarmente siciliani – le opere sue e di cinque suoi colleghi isolani furono salutati alla prima Quadriennale di Roma, nel 1931, come “una rivelazione, un’affermazione siciliana” -, a illuminare, si diceva, la penombra delle Scuderie del Castello Visconteo. Organizzata da ViDi in collaborazione con il Comune di Pavia, l’Associazione Pavia Città Internazionale dei Saperi e con gli Archivi Guttuso, curata da Fabio Carapezza Guttuso, il figlio adottivo, e da Susanna Zatti, colonna delle istituzioni culturali pavesi, la mostra si concentrerà sulle nature morte, le “cose”, componente essenziale della pittura del maestro, subito dalla fine degli anni Trenta – nato a Bagheria nel 1911, Guttuso si spense a Roma nel 1987 -. “Cose” studiate con partecipazione quasi ossessiva, prime attrici di dipinti realizzati con forza espressiva resa ancora più straordinaria dalla ricchezza esplosiva della tavolozza. Anche quando i colori si spengono in una sinfonia di marroni, ocra, terre bruciate, come in “Un angolo dello studio di via Pompeo Magni”, olio datato 1941-42.

Oltre cinquanta le opere di Guttuso annunciate, provenienti da musei di primo piano, dal Mart di Rovereto alla Fondazione Magnani Rocca, e da collezioni private: un amore consolidato quello di Pavia per Guttuso, se lo scorso aprile il gallerista e amico espose al castello di Belgioioso, per la prima volta dopo trent’anni, la sua “Primavera” ispirata al Botticelli. Arricchita da una serie di fotografie in parte inedite, dai video di Rai Teche e dal catalogo Skira forte di un contributo di Antonello Negri, l’esposizione vedrà sfilare la “Bottiglia con barattolo” del 1948 dagli echi post-cubisti picassiani, recupero delle avanguardie storiche europee spazzate via in Italia dall’esaltazione di Novecento, di un’estetica autarchica, e la realistica “Natura morta con fornello elettrico” del 1961.

Il famoso “Cimitero di macchine” (1978) e la “Natura morta con drappo rosso”, testimonianza d’impegno politico negli anni della guerra: un autoritratto senza protagonista, riassunto nell’accenno sullo sfondo di un quadro di Cézanne, nella seggiola impagliata, nel teschio, nei libri sparsi: un’arte per il pubblico, una protesta che da personale mira ambiziosa a farsi collettiva, universale.