Mercoledì 24 Aprile 2024

Fino Mornasco, colonia dei boss: il Comune ora rischia di cadere

Como, il prefetto valuta se sciogliere il consiglio dopo le inchieste. Gli inquirenti: "E' uno dei più fulgidi esempi di comunità mafiosa nel Nord Italia" di Roberto Canali

 Le indagini dei carabinieri nell’ambito dell’operazione «Insubria» hanno immortalato anche il giuramento segreto di affiliazione alla ’ndrangheta

Le indagini dei carabinieri nell’ambito dell’operazione «Insubria» hanno immortalato anche il giuramento segreto di affiliazione alla ’ndrangheta

Como, 14 dicembre 2014 - Era pieno l’altra sera il teatro comunale dove a far ridere erano le disavventure di “Cicciu lu mafiusu”, recitato in calabrese stretto dal vicesindaco Mimmo Alvaro, che da bravo insegnante non ha avuto problemi a tradurre la piece dall’italiano al dialetto di Giffone. Ma se sul palco la ’ndrangheta diverte, in municipio l’ultima storia di ’ndrine, minacce e politica rischia di portare al commissariamento di Fino Mornasco, che dopo Sedriano – nel Milanese – rischia di essere il secondo Comune di tutta la Lombardia a cadere per colpa della mafia. Ad avanzare l’ipotesi sembra sia stato lo stesso prefetto di Como, Bruno Corda, durante l’audizione alla Commissione parlamentare antimafia riunita a Milano dopo gli arresti dell’inchiesta “Insubria”.

Difficile far finta di nulla di fronte alle manette e alle centinaia di pagine d’intercettazioni in cui i mafiosi ordiscono minacce, si spartiscono il territorio e a volte parlano con i politici. I magistrati stessi hanno definito Fino Mornasco come “uno dei più fulgidi esempi di comunità mafiosa nel Nord Italia”. «Ho incontrato il prefetto nei giorni scorsi, ma non posso dire quello che ci siamo detti – spiega il sindaco, Giuseppe Napoli –. Rispetto le istituzioni e rispetterò qualsiasi decisione verrà presa».

Proprio Napoli il 18 maggio del 2012 fu avvisato che in prossimità del cimitero del paese era stata trovata una croce con sopra una sua foto e di fianco una vecchia bomba a mano arrugginita. Una chiara minaccia di morte che non era stata l’unica, visto che la stessa inchiesta “Insubria” ricostruisce 17 episodi di intimidazione dal settembre del 2011 all’ottobre del 2012 ai danni di assessori e consiglieri. Sono finiti al centro delle attenzioni, il presidente del consiglio comunale Luca Cairoli, l’ex-consigliere comunale Antonio Chindamo e la figlia di un altro ex-consigliere, Luciano Introzzi. «Non nascondo che ho vissuto momenti molto difficili – prosegue il primo cittadino –. Adesso che le indagini hanno permesso di fare chiarezza mi verrebbe da dire che a maggior ragione si deve andare avanti».

Nelle intercettazioni non parlano solo gli ’ndranghetisti, spesso dall’altro capo del telefono ci sono anche amministratori, come Cairoli e Chindamo che poi verranno minacciati. In particolare Luca Cairoli, impegnato a raccogliere i voti per le regionali al consigliere del Pdl, Gianluca Rinaldin, è stato intercettato mentre chiede una mano in campagna elettorale a Luciano Nocera, legato al boss Bartolomeo Iaconis. Ieri le sue dimissioni sono state accettate dal gruppo. «Ci ha chiarito quanto è successo nel corso di una riunione di maggioranza – conclude il sindaco –. Non sapeva chi aveva di fronte e ha compiuto un’ingenuità, forse imperdonabile a livello politico, ma sicuramente che non può avere conseguenze penali. In questi anni l’ho conosciuto come una persona per bene e non cambio idea». Partita chiusa? Non ancora. Si attendono novità dalla Prefettura.

di Roberto Canali