"Expo? Un passaggio. Per il turismo gli hotel guardino oltre il 2015"

«Expo è un passaggio. Il nostro obiettivo è innalzare le occasioni di business non solo per Expo, ma per il post Expo» di Luca Zorloni

Giuliano Noci

Giuliano Noci

Milano, 30 ottobre 2014 - «Expo è un passaggio. Il nostro obiettivo è innalzare le occasioni di business non solo per Expo, ma per il post Expo». A rappresentare il «noi» è Giuliano Noci, professore ordinario di marketing al Politecnico di Milano e presidente di Explora, la società partecipata da Camera di commercio di Milano (socio primario, con il 45% delle quote), Expo spa, Regione Lombardia e Unioncamere. Il primo traguardo è quello di Expo. Poco più di sei mesi e un settore, quello del turismo, che si muove tra alti e bassi, come avevamo raccontato su queste pagine venti giorni fa.

Presidente Noci, a Milano albergatori e residence dicono di avere ancora pochi contratti tra le mani. Voi come Explora cosa osservate? «Stiamo registrando un interesse crescente, soprattutto da parte dei Paesi asiatici: della Cina, che peraltro è la più grande popolazione turistica del mondo; del Giappone, che vuole avviare un potenziamento delle linee aeree; della Federazione russa. Tuttavia concordo sul fatto che ci sia ancora molto da fare. Explora nasce con l’obiettivo di costruire una consapevolezza della ricchezza dell’offerta turistica che la Lombardia può offrire al di là di Expo e delle solite cose note».

Molti albergatori si dicono poco interessati a Expo perché non vogliono sottrarre stanze al normale flusso di turisti a Milano. «Comprendo gli albergatori, ma qui dobbiamo lavorare perché gli hotel siano pieni non soltanto per Expo, ma nel post-Expo. Noi dobbiamo riempire gli alberghi della Lombardia dal 2016 in avanti. Dobbiamo far capire che la Lombardia e le regioni che hanno sposato Explora hanno ricchezze che fanno aumentare il tempo di permanenza. Oggi a Milano il tempo di permanenza è un giorno e mezzo: è ridicolo, vuol dire che Milano è la città dello shopping e basta. Aggiungo: la prima cosa che qualsiasi tour operator chiede è di avere un’indicazione dei range di prezzi degli alberghi. Explora sta cercando di promuovere presso il sistema degli alberghi il fatto che si definiscano fasce di prezzo».

Il Castello Sforzesco

Lei dice: non si può aspettare Expo per vedere se gli arrivi vanno bene o male e decidere di conseguenza le tariffe. «Chi fa pianificazioni o sa il range di prezzo adesso o non pianifica. Come presidente di Explora suggerisco che si definisca un meccanismo di trasparenza rispetto ai tour operator internazionali. Che ci chiedono due cose: quante camere avete e a che prezzi li avete».

Expo ha comunicato di aver venduto sei milioni di biglietti, che sono in mano ai tour operator i quali poi devono piazzarli. Come sta andando questo secondo passaggio? «Noi abilitiamo il business sulle imprese, non abbiamo informazioni specifiche sui risultati dei reseller. Expo richiede di vendere con i biglietti un’offerta turistica abbinata. Se non facciamo l’accoppiata – visita alla piattaforma espositiva più esperienza turistica connessa – noi faremo fatica a cogliere opportunità. Questa è la chiave di volta».

Il rilancio del turismo passa anche dal sistema culturale: musei accessibili, orari prolungati. Qual è lo stato? «C’è un problema di rappresentatività del nostro giacimento culturale. Le tecnologie digitali rappresentano un ottimo strumento per dare un’offerta culturale, ricca e meno da addetti ai lavori. Noi dobbiamo tenere conto di avvicinare la cultura a neofiti e bambini. Un giorno di permanenza media a Milano vuol dire che Milano non è riconosciuta come città della cultura».

Un modello che le piace? «Il Louvre, che fattura cinque volte i musei italiani messi insieme. Questo è un Paese che ha il petrolio ma non ha le tecnologie di raffinazione. E queste sono due. Uno: la comunicazione, far sapere che ce l’abbiamo. Due: estrarre il petrolio, vendere la cultura in modo diverso rispetto al passato, anche ai bambini, con forme rappresentative nuove. Anche con le tecnologie digitali. È questo che fa il mondo. Se non lo facciamo, non verrà nessuno a vedere i nostri musei».

luca.zorloni@ilgiorno.net