Impariamo dal Friuli

Non illudiamoci, accadrà ancora. Non sappiamo quando ma sappiamo dove. Sulla lunga dorsale appenninica dal 1315 sono stati 150 i terremoti devastanti, superiori ai 5.5 gradi della scala Richter

Milano, 28 agosto 2016 - Non illudiamoci, accadrà ancora. Non sappiamo quando ma sappiamo dove. Sulla lunga dorsale appenninica dal 1315 sono stati 150 i terremoti devastanti, superiori ai 5.5 gradi della scala Richter. È più probabile che la terra tremi in Garfagnana o al Mugello piuttosto che a Milano o a Torino. Montagne meravigliose, incantevoli centri storici medievali, ma che vivono sotto una terrificante minaccia. Non si possono far miracoli per evitare il peggio, non si può abbattere un paese che oggi è in piedi e ricostruirlo come se fossimo in Giappone, dove i palazzi ondeggiano paurosamente ma non cadono. Però si può far molto per limitare al massimo la perdita di vite umane. Si può, ad esempio, verificare in maniera scrupolosa che per costruire una casa non venga utilizzata più sabbia che cemento, come in tanti edifici ad Amatrice. E sbattere in galera chi lo fa per risparmiare quattro soldi. Clamoroso è il caso della scuola che si è sbriciolata quattro anni dopo gli interventi di ristrutturazione, antisismici solo a parole, costati oltre 500 mila euro.

Chi ha sbagliato deve pagare. E ringraziamo il Signore che il sisma non è avvenuto in un altro momento perché altrimenti finiva in una strage di bambini come a San Giuliano di Puglia. Non ci si può fidare di nessuno, nemmeno delle imprese più accreditate, occorre che in corso d’opera gli esperti verifichino che i lavori vengano eseguiti nel modo migliore, che le tecniche di isolamento dei materiali siano quelle corrette. Nel settore della progettazione antisismica sono stati fatti progressi enormi. Ma già nei secoli scorsi, sia pure in rare occasioni, vennero realizzate cose straordinarie. Cerreto Sannita, un paesino della provincia di Benevento noto per la produzione della ceramica, resiste da 300 anni alle scosse grazie alla sapiente ricostruzione effettuata con accorgimenti antisismici ideati verso la fine del 1600 dopo un disastroso terremoto che rase al suolo il paese. Possibile che non si riesca a copiare quello che è stato fatto bene? Anche molte vecchie costruzioni possono essere messe in sicurezza con lavori di adeguamenti antisismici, non è detto che tutte debbano venire abbattute e ricostruite. Certamente, considerando la vastità delle aree a rischio, è un lavoro imponente e costosissimo, ma che non può più essere rimandato. O aspettiamo la prossima catastrofe per riparlarne? Il prezzo della prevenzione è molto alto, ma non dobbiamo scoraggiarci perché porre rimedio a quello che è stato fatto male costa molto di più.

In queste ore si discute molto della ricostruzione dei paesi distrutti. La povera gente che ha perso tutto vorrebbe tornare a vivere, in case nuove e sicure, negli stessi punti di quelle vecchie. Ma il «com’era dov’era», che è certamente meglio delle «new town», richiede tempi molto lunghi. E fra pochi mesi ad Amatrice e negli altri centri colpiti arriveranno il freddo e la neve. E allora, prima di ogni cosa, devono sparire le tendopoli, da sostituire al più presto con casette in legno, provvisorie ma più dignitose e confortevoli dei container. Subito dopo, superata la prima fase dell’emergenza, bisognerebbe seguire l’esempio del Friuli che quarant’anni fa dimostrò al mondo che il nostro non è un Paese da ammirare solo per il sacrificio, il coraggio e l’abnegazione dei soccorritori ma anche per la capacità di rimettersi in piedi, in silenzio e con dignità, dopo essere crollato. giuliano.molossi@ilgiorno.net