Un voto per trattare

I continui accostamenti alla Catalogna sono obiettivamente inopportuni. A prescindere da come la si pensi sul referendum di oggi, i paragoni sono sbagliati

Milano, 22 ottobre 2017 - Oggi, in Lombardia e nel Veneto, si vota per il referendum. Bisogna garantire a tutti il diritto di voto, ma anche di non voto: la libertà dell’elettore è quella di pronunciarsi per il sì, cioè per una maggiore autonomia della Lombardia e del Veneto, oppure per il no, cioè per lasciare le cose come stanno. Oppure, ancora, di votare scheda bianca, per lanciare un messaggio di indifferenza o di disapprovazione del quesito. La campagna elettorale è partita in ritardo. E forse non si è parlato a sufficienza di questa consultazione. Solo nelle ultime due settimane i sostenitori del sì e del no hanno scaldato i motori della propaganda. E in questo periodo abbiamo sentito affermazioni costruttive, ma anche tante banalità e cose ovvie. Sicuramente si è cercato di strumentalizzare politicamente questo appuntamento, facendolo apparire come la battaglia di una sola parte politica. Invece i media ci hanno raccontato che moltissimi sindaci e amministratori locali del centrosinistra, e pure i rappresentanti del Movimento 5 Stelle, al pari dei leader del centrodestra, hanno espresso una chiara indicazione per il sì. 

Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, si è addirittura detto amareggiato di non poter andare a votare, in quanto oggi è impegnato a Parigi in una trasferta istituzionale. Questo dato della trasversalità non è tuttavia emerso a sufficienza. Perché altrimenti avrebbe convinto i cittadini che la partita in gioco è di natura territoriale e non partitica. I continui accostamenti alla Catalogna sono obiettivamente inopportuni. A prescindere da come la si pensi sul referendum di oggi, i paragoni sono sbagliati. Quella regione della Spagna vuole diventare repubblica indipendente, la Lombardia e il Veneto si muovono in una cornice di piena correttezza costituzionale. E chiedono semplicemente maggiori margini di manovra nella gestione delle loro risorse, nel pieno rispetto dello Stato unitario. In Lombardia, pur non essendoci il quorum, non conta soltanto se vinceranno i sì o i no. È rilevante la percentuale di votanti. Dai promotori non trapela una soglia minima di soddisfazione, anche se il governatore Roberto Maroni ha detto che gli va bene ogni punto in più del 34%. Certamente una massiccia affluenza alle urne darebbe forza alle richieste autonomiste.

Viceversa, un numero modesto di votanti indebolirebbe le ragioni di chi rivendica maggiore autonomia, e a quel punto il referendum potrebbe tradursi in un nulla di fatto. In verità Maroni ha comunque detto che a prescindere dall’affluenza intende aprire, già la prossima settimana, una trattativa con Roma. In caso di vittoria del sì sarà chiara al governo centrale la volontà degli elettori lombardi e veneti di riequilibrare la gestione delle risorse fiscali e la ripartizione delle competenze amministrative tra Stato centrale e Regioni. Se, invece, vincessero i no, significherebbe che lombardi e veneti non ritengono prioritario un cambiamento, puntando a conservare il quadro esistente. In Lombardia, a differenza che in Veneto, si vota con i tablet acquistati dal Pirellone e che da domani saranno a disposizione delle scuole per attività didattiche. Anche questa è un’innovazione significativa, che realizza l’obiettivo di farci sapere immediatamente dopo la chiusura delle urne il verdetto finale. E che consente anche di realizzare un voto per così dire «ecocompatibile», visto che non ci sono schede cartacee, scatoloni, verbali e scartoffie al contrario che in tutte le elezioni precedenti. sandro.neri@ilgiorno.net