Qui la sfida è già partita

"La Milano che Francesco incontra nella sua prima visita alla diocesi più grande del continente è molto più europea dei trattati e delle strategie che nelle stesse ore, a Roma, i grandi delle politica si trovano a celebrare. E che per questo, forse, è ancora più capace di capire il significato profondo dei moniti e degli inviti del pontefice"

AI QUATTROMILA religiosi riuniti in Duomo raccomanda: «Le sfide si devono prendere come il bue, per le corna». Parole, quelle del Papa, che attraverso i maxischermi e le torri di diffusori puntati sul sagrato arrivano ai 50.000 fedeli che affollano la piazza e alle altre 50.000 persone che premono dalle vie laterali. Un pezzo di quella metropoli che le sfide è abituata a coglierle e, spesso, a vincerle. La Milano che Francesco incontra nella sua prima visita alla diocesi più grande del continente è anche per questo molto più europea dei trattati e delle strategie che nelle stesse ore, a Roma, i grandi delle politica si trovano a celebrare. E che per questo, forse, è ancora più capace di capire il significato profondo dei moniti e degli inviti del pontefice.

La «cultura della diversità», l’«esperienza multiforme», la lezione dei Padri del deserto sono concetti ben presenti nel quotidiano di Milano e di molte realtà della Lombardia. Sono parte integrante di un vivere, personale e collettivo, fatto di piccoli, grandi gesti di solidarietà, di impegno e di coraggio. Nonostante le difficoltà, oggettive e altrettanto presenti, figlie di anni durissimi, come quelli iniziati con la crisi economica e la recessione, e del confronto con fenomeni complessi, come quello della massiccia immigrazione dai Paesi più poveri del mondo e da quelli sconvolti dalla guerra. La differenza fra «pluralità e pluralismo» - dove solo la prima, ricorda il Papa, è «figlia dello Spirito Santo» - è ben nota in una città che, spesso lasciata sola, è da tempo in prima linea nell’accoglienza e nella ricerca di ogni possibile via per l’integrazione. E non potrebbe essere altrimenti, viste le proporzioni di quel fenomeno e un’anima (o una vocazione) che in fondo milanesi e lombardi, al di là della dialettica politica e di qualche paura legata alle tensioni del momento, non hanno mai perduto. L’emozione che anima i fedeli in piazza Duomo o il milione di persone accorse, nel pomeriggio, al Parco di Monza si lega al carattere stesso di Bergoglio, al suo straordinario pragmatismo.

Lo stesso che lo porta a telefonare, giunto alle Case Bianche, all’anziana malata che non ha potuto presentarsi all’appuntamento o a dedicare tre ore della sua prima volta a Milano ai detenuti di San Vittore. E che, sempre all’inizio della sua visita di ieri, sceglie di entrare nella casa di una famiglia marocchina. Gesti semplici ma di esplicita eloquenza, in una società ancora in attesa che la politica colmi i suoi vuoti e che l’Europa batta davvero un colpo per fronteggiare le emergenze da troppo tempo in corso. «Si specula sui poveri e sui migranti, si specula sui giovani e sul loro futuro», denuncia Francesco. Milano e la parte migliore del Paese non ne sono meno turbati e hanno già iniziato a reagire. Assumendosi il peso e la fatica che tutto questo comporta. Vero, «tutto sembra ridursi a cifre, lasciando, per altro verso, che la vita quotidiana di tante famiglie si tinga di precarietà e di insicurezza». Ma è un esame di coscienza che solo in parte tocca, doverosamente, questa realtà aperta e generosa. Milano e quell’Italia che non si tirano mai indietro meritano, oltre all’affetto prezioso del Papa, scelte e risposte adeguate ai tempi e al loro impegno. Anche per meglio continuare a tener fede alla propria antica vocazione. sandro.neri@ilgiorno.net