Eroismi e burocrazia

Ad Amatrice, cinque mesi dopo il primo, terrificante terremoto, ci sono ancora le macerie. Tonnellate di macerie, come se il disastro fosse avvenuto il giorno prima

Milano, 22 gennaio 2017 - Ad Amatrice, cinque mesi dopo il primo, terrificante terremoto, ci sono ancora le macerie. Tonnellate di macerie, come se il disastro fosse avvenuto il giorno prima. Ero rimasto molto sorpreso e in occasione della mia visita ne avevo chiesto ragione al bravissimo e infaticabile sindaco di questo sfortunato paese, Sergio Pirozzi. Lui aveva sorriso amaramente: «La burocrazia. Ci vogliono i permessi, le liberatorie, le carte bollate. Se sposto un sasso mi prendo una denuncia. Non mi spaventa il terremoto, non mi spaventa la neve. Quel che mi fa davvero paura è la burocrazia». Ho ripensato a queste parole vedendo la rabbia di chi, di fronte a un’emergenza come quella della micidiale accoppiata terremoto-bufera di neve in Abruzzo, non riesce a procurarsi una turbina per liberare la strada o, se lo spazzaneve c’è, il gasolio per farlo funzionare. Gravi carenze organizzative, pochi mezzi e quei pochi inadeguati. Per colpa di quel mostro chiamato burocrazia è successo anche questo nell’inferno bianco dell’hotel Rigopiano. 

Venerdì mattina, dando l’incredibile notizia che là sotto, dopo 43 ore, c’erano persone vive, la conduttrice del TgCom24 non ha saputo trattenere le lacrime. Ed è stato emozionante e commovente per tutti noi assistere ai miracolosi salvataggi e ammirare l’eroismo dei soccorritori, che si infilavano in quei tunnel di ghiaccio rischiando la propria vita.  Ma la dedizione dei volontari, il coraggio e la professionalità dei vigili del fuoco, non possono cancellare i ritardi, le mancanze, le negligenze che hanno accompagnato questa tragedia. A cominciare da quello spazzaneve che se fosse arrivato all’hotel alle 15 di mercoledì, come era stato annunciato, ora non saremmo qui a contare i morti. Mancava il gasolio? Mancavano i conducenti? Mancava il nulla osta del solito funzionario?

I terremoti non si possono prevedere, ma la neve sì. Si sapeva che sarebbero arrivate in quella zona precipitazioni nevose eccezionali, bisognava prepararsi al peggio. E invece, per far partire la macchina dei soccorsi, non è bastato neppure dire che l’albergo Rigopiano non c’era più, che era stato sepolto dalla valanga. Nessuno ha creduto a quel primo, disperato Sos, nemmeno la prefettura di Pescara. Poi, dopo ore preziosissime sprecate fra incomprensioni, richieste di autorizzazioni e rimpalli di responsabilità, i primi soccorritori sono arrivati con gli sci da fondo sul luogo del disastro perché l’unica turbina che avrebbe potuto aprire la strada era guasta. Di chi è la colpa? È possibile che interi paesi siano rimasti senza luce per 72 ore?  A noi non piacciono gli sciacalli che vanno a tener comizi mentre si scava ancora per salvare vite umane, ma non capiamo neppure quelli che, al contrario, dicono che questo non è il tempo delle polemiche. Cosa facciamo? Aspettiamo la prossima sciagura o il prossimo inverno per dire che le pastoie burocratiche stanno uccidendo la Protezione civile ? Per dire che serve uno che abbia il potere di decidere e non cento che chiedono permessi?

giuliano.molossi@ilgiorno.net