Quanto vale questo voto

Di certo, comunque andrà il voto, il risultato non sarà decisivo per il governo

Milano, 25 giugno 2017 - Domenica alle urne nei comuni dove i candidati sindaco si sfidano al ballottaggio. In un’Italia sempre più lontana dalla politica e stanca dei soliti riti di partito. Oltre che più interessata a scegliere l’opzione migliore per sfuggire all’ennesima giornata di caldo torrido che il nome da barrare sulla scheda. Però se votare è un diritto-dovere, forse è a maggior ragione un dovere civico farlo per i municipi. Per le realtà, cioè, in assoluto più vicine ai cittadini. Bene, a proposito dell’esito di questa giornata di elezioni, evitare conclusioni nazionali che potrebbero essere smentite da qui a un anno. Sia perché il sentiment dei cittadini, se si parla di amministrative, è diverso da quello che accompagna le politiche; sia perché differente è il sistema elettorale di questi due appuntamenti. Col proporzionale si tornerà a votare le singole sigle e i singoli partiti, mentre nei Comuni resiste la logica delle coalizioni. Quel sistema maggioritario che favorisce la governabilità. Certo la consultazione di oggi offre comunque qualche spunto interessante.

La vera incognita, per esempio, sono i grillini: rimasti fuori da quasi tutti i ballottaggi, potrebbero non andare a votare. Scegliendo, fedeli a un’antica italica vocazione, la strada di una domenica al mare. In tal caso la domanda è: dove si indirizzerà il voto populista? Si espanderà o si perderà? Perché questo particolare, il peso di queste forze sulle sfide di oggi, potrebbe fare la differenza. È il singolo elettore grillino che può dare la vittoria a questo o a quel candidato sindaco. I vertici del Movimento 5 Stelle non hanno dato alcuna indicazione di voto: ognuno sceglierà liberamente. Forse preferendo il meno peggio fra gli sfidanti.

Di certo, comunque andrà il voto, il risultato non sarà decisivo per il governo. Non si registreranno grandi scossoni. Più simbolico, invece, il risultato della sfida per aggiudicarsi il Comune di Sesto San Giovanni, qualora la Stalingrado d’Italia venisse strappata alla sinistra. Primo, perché sarebbe la prima volta in decenni di sfide elettorali; secondo, perché significherebbe che in Lombardia la coalizione del centrodestra è ancora viva. Come d’altronde risulta in netta ripresa su scala nazionale, anche per effetto dell’attivismo di Silvio Berlusconi. Anche in questo caso, però, il passaggio di testimone non avrebbe riflessi su Gentiloni e la tenuta del suo esecutivo. Se il Pd perdesse molti voti, a uscirne più debole sarebbe Matteo Renzi, ma non il premier. E di questo il segretario del Pd è più che consapevole. La sconfitta che potrebbe gravare sulla politica, al di là degli schieramenti, è un’altra. Infatti a rischiare di vincere, ancora una volta, è l’astensione. E il primo partito potrebbe essere quello del non voto. Favorito, più che dal clima balneare di quest’inizio estate, dalla crisi d’identità dei partiti. Mai così assenti, come stavolta, dalla campagna elettorale appena chiusa. sandro.neri@ilgiorno.net