Chi frena la crescita

Dobbiamo chiederci che modello di sviluppo stanno disegnando le politiche urbane. Quanto siamo lontani dai traguardi dello sviluppo sostenibile sul piano locale?

Milano, 15 ottobre 2017 - Dobbiamo chiederci che modello di sviluppo stanno disegnando le politiche urbane. Quanto siamo lontani dai traguardi dello sviluppo sostenibile sul piano locale? Cominciamo dai numeri, che ci sono forniti da Forum PA, autorevole osservatorio permanente sulla Pubblica Amministrazione in Italia, che il 24 ottobre presenterà la nuova edizione dello studio sulle smart cities cioè le città moderne, tecnologiche e intelligenti. In Italia quasi 5 milioni di persone vivono in povertà assoluta, molte sono nelle periferie. A Roma quasi un contribuente su tre ha dichiarato nel 2015 meno di 10.000 euro all’anno: parliamo di circa mezzo milione di persone. La cattiva qualità dell’aria delle città ha causato lo scorso anno circa 60.000 morti premature. Il limite giornaliero del PM10 è stato superato in 45 capoluoghi. Le situazioni più critiche, con oltre 100 giorni di superamento, a Frosinone, Pavia, Vicenza, Milano e Torino. Sono a rischio inondazione Firenze, Bologna, Genova, Roma e Venezia.

Si deve cambiare se si vogliono raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dall’Onu al 2030 e perseguiti dalle municipalità. Ha ragione Gianni Dominici, direttore di Forum PA, quando dice che la sostenibilità non è solo ambientale: è economica, i modelli di gestione del territorio non devono portare a default e devono tendere a essere senza debiti. E la sostenibilità parte dalle infrastrutture digitali senza le quali ormai è evidente a tutti che non ci sia speranza di sviluppo. E poi c’è il tema della condivisione: il cittadino non è solo portatore di bisogni e problemi ma anche di idee e soluzioni. L’ascolto pubblico è entrato nel nuovo codice per gli appalti, un passo importante. 

Dalle capitali straniere si mutuano esperienze data-driven, cioè di contesti sociali costruiti sulla base delle informazioni informatiche provenienti dal territorio. Occorre trasformare l’esperienza di famiglie, imprese e amministrazioni, raccogliere, analizzare col fine di produrre intuizioni politiche. E qui casca l’asino. Manca il passaggio dal dato grezzo alla conoscenza prima e alla decisione poi. La politica deve essere più attenta ai segnali che la tecnologia consente di decifrare. Poi deve operare scelte coraggiose, anche mettendo in discussione comportamenti consolidati. Big Data, Analytics, Internet of Things sono un supporto eccellente, ma se la politica non ne fa buon uso, non servono.

sandro.neri@ilgiorno.net