Martedì 23 Aprile 2024

Don Joe, il maestro del beat che fa ballare Milano: "Con i Club Dogo ho conquistato la scena rap. Nei club catturo ancora tendenze"

“Non siamo più quelli di Mi Fist” è l’ultimo album della crew; ha conquistato il disco d’oro e ora vede i Club Dogo alle prese con un tour che culminerà nella doppia data di gennaio all'Alcatraz. Ma l'artista non rinuncia al piacere del dj set tanto che sarà gran cerimoniere di una nuova serata hip hop al Byblos di Francesca Nera

Don Joe, membro dei Club Dogo

Don Joe, membro dei Club Dogo

Milano, 13 dicembre 2014 - Non occorre essere scrupolosi osservanti della musica rap per conoscere Don Joe anche se, insieme ai compagni Guè Pequeno e Jake La Furia, non si può negare che abbia fatto la storia di questo genere in Italia (una storia che qui ha poco più che vent’anni). Dai primi beat confezionati per il collettivo Sacre Scuole - alla fine degli anni Novanta - a quelli cuciti su misura per i Club Dogo, le produzioni firmate Luigi Florio (in arte Don Joe) hanno contribuito alla fortuna di gran parte degli artisti hip hop: Marracash, Fedez ed Emis Killa per fare qualche nome sulla bocca di tutti. Al tempo stesso il beatmaker milanese è padre fondatore della Dogozilla Empire, un’etichetta che chiama a raccolta i migliori aspiranti producer in circolazione. “Non siamo più quelli di Mi Fist” invece è l’ultimo album del "magnifico trio"; ha conquistato il disco d’oro a poche settimane dalla sua uscita e ora vede la crew alle prese con un tour che culminerà nella doppia data di Milano (Alcatraz 28 e 29 gennaio). Il legame atavico dell’artista con questa città e la sua vita notturna lo porta a non rinunciare mai al piacere del dj set tanto che da domani sera (domenica 14 dicembre) sarà gran cerimoniere di una nuova serata hip hop al Byblos di via Messina. Si chiamerà Rebound: un appuntamento fisso con la miglior selecta di Don Joe che si rinnoverà tutte le domeniche.

Da “Mi Fist” (2003) a “Non siamo più quelli di Mi Fist” (2014). Cosa sono oggi i Cub Dogo? “Direi qualcosa in meglio… i successi continuano e, a 10 anni di carriera, siamo ancora il gruppo più influente del rap italiano”.

"Mi Fist" uscì in una fase in cui il rap italiano sembrava morto (il dopo Neffa per intenderci) mentre il vostro ultimo album è uscito in un periodo di grande fermento artistico. In quale delle due occasioni hai avvertito maggiori "difficoltà"? Magari quella in cui ti sei sentito più sotto pressione? “In realtà non sento una grande ‘pressione’.  Alla fine faccio il lavoro che ho sempre voluto fare. ‘Mi Fist’ è stato concepito in un momento in cui non c’era nulla e noi eravamo abbastanza incoscienti per creare una pietra miliare come quella. Oggi siamo dei veri professionisti con un contratto discografico e con molti sbattimenti in più.  Però, fortunatamente, conserviamo ancora un pizzico di incoscienza per creare sempre cose nuove”.

Don Joe, membro dei Club Dogo

Con Irene Lamedica prima, Sacre Scuole poi e infine con i Dogo… è innegabile che tu abbia contribuito a tracciare le linee della storia dell'hip hop italiano. Quali sono i cambiamenti più grossi che hai rivelato nella scena? “Sì i cambiamenti sono stati parecchi. Prima gli artisti che si affermavano al grande pubblico erano veramente 2 o 3 ora invece molti rappers italiani hanno raggiunto le vette della classifica FIMI. In passato una cosa impensabile. Sicuramente è aumentato il numero dei ragazzi che si avvicinano al rap e a tutto quello che ci ruota attorno. Ti parlo di supergiovanissimi ma anche di 40enni”.

Fra i meriti che ti vengono riconosciuti c'è quello di essere un grande sperimentatore. Un producer che non disdegna sonorità "altre" rispetto a quelle puramente hip hop (penso ad esempio alla base de "I ragazzi dello zoo del Berlin", inconsueta ma così efficace da diventare culto). Qual è esattamente il "suono alla Don Joe"? “Si mi è sempre piaciuto sperimentare. Le mie produzioni hanno sempre qualche elemento campionato e ri-lavorato con l’aggiunta di sintetizzatori e suoni più elettronici. Questo è quello che ho sempre fatto”.

Finalmente la professione del beatmaker comincia a venire riconosciuta come tale. Cosa pensi dei produttori della nuova generazione? E quali sono gli errori più frequenti? “Finalmente sì.. Io ho addirittura creato un’etichetta che si chiama Dogozilla che mette sotto contratto solo beatmakers. Ce ne sono alcuni davvero bravi e talentuosi. Al giorno d’oggi produrre è davvero molto più’ semplice basta avere un pc, un buon software (Logic,Ableton o Fl Studio) e il gioco è fatto. Tutto è molto più veloce rispetto a una volta. Ecco un errore è forse quello di non avere un vero ‘suono personale’ perchè molti utilizzano kit e suoni già pronti (i famosi constructions kits) pertanto l’originalità spesso viene a mancare”.

I Club DogoC'è qualcuno che apprezzi particolarmente? “Tra i miei preferiti, oltre ovviamente a quelli di Dogozilla, ci sono i 2nd Roof , ormai affermati nel panorama hip hop italiano”.

Tra gli artisti rap non ce n’è uno che non abbia mai usato una delle tue strumentali. C’è qualcuno al di fuori dell’ambiente hip hop con cui ti piacerebbe lavorare? “Sto cercando di lavorare con alcuni artisti del pop italiano per il mio album solista che uscirà in primavera. Qualche ‘nome grosso’ ce l’ho già.  Ma non ve lo dico…”.

Alla tua attività di produttore si affianca quella di dj tanto che da domenica partirà l’appuntamento fisso al Byblos di Milano. Qual è il repertorio di un tuo dj set? “Sì, ogni domenica sarò al Byblos. Il repertorio è vario: dalla trap alla twerk music, hip hop contemporaneo e anche alcuni dei classici di sempre. Una selezione fatta per ballare e divertirsi”.

Lavoro in studio o serate in discoteca? Qual è la tua dimensione ideale? “Entrambe direi. In studio in una dimensione più intima, nel club per stare con la gente e capire le tendenze”.

A Milano la scena è dei Club Dogo infatti  la data del tour sarà doppia (il 28 e il 29 gennaio). Com'è il pubblico milanese? “Il fatto che ci siano due date a Milano ti fa capire che tantissimi dei nostri fans sono milanesi anche se in molti fanno la trasferta da tutta Italia. Solitamente è la data con più sorprese”.

Milano si può definire "capitale del rap" in Italia? “Se lo dico poi arrivano gli haters ad insultarmi. E’ sicuramente una delle capitali del rap italiano”.

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