Lombardia, quando le città vietano il pallone ai bambini

Da Legnano a Sondrio, da Villasanta a Lodi: ordinanze contro i piccoli

Quattro calci al pallone per sognare una vita da campioni

Quattro calci al pallone per sognare una vita da campioni

Milano, 27 giugno 2016 - Poveri palloni, in Lombardia (come in tante altre regioni d’Italia) c’è qualcuno che ha deciso di «sgonfiarli». E guai se ti azzardi a portarne uno in qualche piazza cittadina o vicolo di borghi antichi, proprio dove sono cresciuti tanti talenti del calcio nostrano, e tirare due calci. Perché di questi tempi non fioccano solo divieti, ma anche pesantissime multe per i trasgressori (e poco importa se sono minori...). È la solita storia, che si ripete con l’arrivo della bella stagione. Eppure alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non abbia aderito al piacevole «rito» della partita a pallone in strada. Quella in cui cadendo ci si sbucciava le ginocchia e a cui potevano partecipare proprio tutti: il bullo e lo sfigato, l’atleta e il cicciobomba, quello con i piedi di velluto e l’amico con le gambe storte.

Solo che mentre una volta, al primo tiro sbagliato fuori bersaglio ti sentivi al massimo urlare «te lo buco il pallone la prossima volta», adesso si rischia molto di più. Perché le ordinanze delle amministrazioni parlano chiare e i vigili sono inflessibili. Qualche anno fa, i primi comuni lombardi ad impedire di dare due calci al pallone in strada furono, fra gli altri, Legnano, Saronno, Cortabbio (nel Lecchese) e Villasanta (in Brianza). Adesso il divieto si è esteso a macchia d’olio in diverse province. Le ultime sono quella di Sondrio (Campodolcino) e Lodi. Dove il paesino finito al centro delle polemiche è Borgo San Giovanni, borgo di 2.290 anime. Il sindaco ha deciso: «Basta partite per strada, se volete andate negli spazi preposti». E per chi sgarra sono dolori: sanzioni pecuniarie dai 25 ai 500 euro. Insomma, bandite le pallonate nei pressi di piazza don Bartolomeo Locatelli, dove si affacciano chiesa parrocchiale e oratorio dedicato a papa Wojtyla. E questo perché alcuni cittadini si lamentavano del fatto di non poter stare seduti tranquilli sulle panchine. Ma c’è pure chi si è ribellato: «Tutti siamo stati bambini e abbiamo giocato nella piazza della chiesa...».

Stessa situazione ad Arzago d’Adda, meno di 3.000 abitanti in provincia di Bergamo: qui gli articoli 22 e 35 del regolamento di polizia urbana dispongono, fra l’altro, «il divieto del gioco del pallone o altri giochi collettivi sulla pubblica via, nelle isole pedonali e nelle zone a traffico limitato». E tutto ciò che possa risultare dannoso o molesto viene punito con una sanzione amministrativa che va dai 25 ai 75 euro. Non stanno meglio a Lissone, dove però bambini e ragazzi, alla faccia del divieto, continuano a giocare in piazza Libertà. Anche qui, opinione pubblica spaccata: c’è chi condanna i giovani (anziani e signore con passeggini) perché irrispettosi di regole e decoro e chi li difende ridimensionando il problema. E pensare che a Lissone il regolamento risale al 1932: norme un po’ datate ma che secondo le autorità locali hanno sufficiente efficacia. Ma c’è pure un comune, quello di Nerviano, dove tempo fa, la decisione del sindaco di vietare partitelle di calcio in strada e il gioco del frisbee è stata capovolta dal Tar che ha accolto il ricorso contro l’ordinanza numero 34 restituendo il pallone ai giovanotti. Più gonfio di prima.