Giovedì 18 Aprile 2024

Web e videogame come l’ecstasy. I rischi della dipendenza digitale

Uso patologico per il 4,4% dei teenager. Senza vanno in crisi d’astinenza di Luca Bolognini

Dipendenze digitali (da il resto del carlino)

Dipendenze digitali (da il resto del carlino)

LA PICCOLA Kim è morta di stenti a tre mesi, perché i suoi genitori erano troppo impegnati a sfamare il loro bambino digitale. Daniel ha sparato alla madre, uccidendola, dopo che lei gli aveva vietato di giocare a un videogame. Alexandra, invece, ha ammazzato sua figlia perché i pianti della neonata le impedivano di gustarsi Facebook. Anche la dipendenza da Internet e dalle nuove tecnologie ha la sua folle e tragica Spoon River. Computer, smartphone e social network non sono infatti diversi da un buon bicchiere di vino rosso. Normalmente arricchiscono le nostre vite, ma quando l’uso diventa abuso gli effetti possono essere devastanti.

Il dibattito tra i ricercatori se il web e i videogame possano causare assuefazione è acceso. La difficoltà più grande, a differenza di alcol o sostanze chimiche, è quella di stabilire il limite oltre il quale il consumo diventa dannoso. Per questo motivo, gli studiosi ritengono che l’uso eccessivo di Internet sia in realtà più simile al gioco d’azzardo compulsivo. L’American Psychiatric Association, la massima autorità per quanto riguarda i disturbi mentali, sta valutando se inserire la «dipendenza da game on line» tra le patologie riconosciute. Ci sono casi di utenti – uno degli ultimi si è registrato a Taiwan lo scorso gennaio – che si sono letteralmente ‘consumati’ pur di non staccarsi dallo schermo. La capacità di coinvolgimento è così forte – in particolare per quanto riguarda i giochi di ruolo di massa – che c’è chi rinuncia a uscire con gli amici, a lavarsi o a dormire pur di conquistare un castello digitale o far indossare al proprio avatar un’armatura più scintillante. «All’apice del suo successo World of Warcraft (uno dei videogame più venduti della storia, ndr) – spiega il ricercatore di Stanford Nick Yee – contava nove milioni di giocatori che erano mediamente on line 22 ore alla settimana». I riflessi sulla vita quotidiana sono sensibili.

«C’È CHI arriva – fanno notare gli esperti dell’Apa – a mettere a rischio la propria carriera scolastica o il posto di lavoro. Se gli si impedisce di giocare, inoltre, queste persone mostrano i sintomi tipici della crisi da astinenza».

Alcune ricerche svelano meccaniche preoccupanti. «Quando questi individui si sfidano sul web – spiegano gli psichiatri americani – si attivano le stesse sinapsi che si accendono nel cervello di un tossicodipendente quando assume droga». Una scarica di dopamina attraversa i loro cervelli. «Giocare attiva una risposta neurologica legata al piacere che si prova quando si viene ricompensati e, in sintesi, fa scattare una dipendenza».

L’uso del web e dei social network non è finito per il momento sotto la lente dell’Apa, ma per diversi studiosi le analogie con i giochi on line non mancano. Uno studio del 2012 condotto dalla Society for the study of addiction su circa 12mila ragazzi europei ha rilevato come per il 4,4% di loro «l’utilizzo di Internet sia patologico». Anche in Italia si cominciano a registrare i primi casi. Pochi giorni fa un quindicenne di Montefalco, in provincia di Perugia, è stato trovato in completo stato confusionale dagli agenti della polizia ferroviaria. Per i medici, il giovane – che aveva ammesso di passare le sue notti sulla Rete – soffriva di dipendenza da Internet. «I nostri risultati – spiega Phil Reed dell’università di Swansea – dimostrano che la metà dei ragazzi che abbiamo preso in esame per le nostre ricerche passano così tanto tempo sul web che le conseguenze negative si faranno sentire per il resto della loro vita. Quando sono costretti a rimanere off line, entrano in un circolo di stress e negatività simile a quello di chi smette di assumere stupefacenti come l’ecstasy».

I SOCIAL network, come i videogame, sfruttano il meccanismo della ricompensa. «Come per il sesso, sono gli stimoli positivi – afferma Tanya Byron della Edge Hill University – a spingerci a ripetere le stesse esperienze. Quando un nostro post su Facebook o su Twitter viene condiviso e apprezzato da altre persone ci sentiamo ricompensati e siamo spronati a scrivere nuovi messaggi, nella speranza di intercettare sempre più consensi. È un po’ come per il gioco d’azzardo. In ogni caso, la ricerca in questo campo è solo all’inizio». E mentre gli esperti si sfidano a colpi di studi, la collina della nuova Spoon River digitale rischia di veder arrivare molte altre piccole Kim.

1 - continua