Festa Radio Onda d'Urto, "Lo Stato Sociale" e altri miti da sfatare

La band stasera in concerto alla Festa di Radio Onda d'Urto a Brescia

Il gruppo "Lo Stato Sociale"

Il gruppo "Lo Stato Sociale"

Brescia, 19 agosto 2017 - Un bel concerto da temerari. Anzi, da ragazzi della porta accanto. Dopo aver archiviato quello “da mitomani” con cui in primavera avevano preso d’assalto il Forum, i cinque de Lo Stato Sociale ripongono le manie di gigantismo del blitz ad Assago per presentarsi stasera al popolo della Festa di Onda d’Urto, Brescia, con quell’allure sfrontata e sinceramente scanzonata che li ha resi una tra le più solide realtà dell’indie italiano. Una serata tutta da cantare e da ridere con un manipolo di piromani che di buttare acqua sul fuoco proprio non ne vogliono sapere e che alla serietà dei nomi, continuano a preferire il gioco di quei nomignoli capace di trasformare, ogni sera, nella cabina telefonica di Superman, Alberto Cazzola in “Albi”, Alberto Guidetti in “Bebo”, Lodovico Guenzi in “Lodo”, Enrico Roberto in “Carota” e Francesco Draicchio in “Checco”. Guardarsi bene, però, dal considerarli degli idioti di successo, perché le loro canzoncine «a cipolla» (definizione by Lo Stato Sociale) sotto lo strato di superficie allegro e spensierato ne nascondono spesso un altro più cerebrale e, sotto quello, un altro ancora più complesso. D’altronde basta sfogliare il testo un po’ alla rinfusa di una hit “nippopop” come “Amarsi male” («E tu amami come ameresti te se fossi me e viceversa / Quindi male e senza capire niente / Ma col cielo al suo posto in una città trafficata / Una vita al contrario ed i sogni a metà») per farsi un’idea chiara di quali mal di pancia inquietano le notti di Carota & Co.

«All'inizio la missione era quella di fare dei concerti senza suonare, una sorta di stand-up comedy, un happening continuo in cui parlare di tutto, dalla religione alla politica; una volta ci siamo ritrovarti persino a fare un’estrazione della tombola», spiegano i cinque che, senza paura di scivolare nel nostalgico e polveroso, amano definirsi un «collettivo». Niente che non avessero già fatto gruppi demenziali, come i nostri concittadini Skiantos, che però alla tombola non crediamo ci siano mai arrivati». Pure dal vivo i golden boys bolognesi (visto che il fuoriclasse della scena musicale cittadina, Cesare Cremonini, tanto “boy” non lo è più) puntano soprattutto sulle canzoni dell’ultimo album “Amore, lavoro e altri miti da sfatare”, titolo sibillino, ma solo fino ad un certo punto.

«L’album parla di noi e di quello che ci accade attorno sviluppando i suoi contenuti attraverso due concetti tanto abusati quanto comuni: la perdita di significato di amore e lavoro, che li rende due miti del contemporaneo, sottolineando con ironia la volontà di riappropriarsene», puntualizza Lo Stato Sociale. «Ci siamo ritrovati a 25 anni ad attraversare la più grande crisi economica e sociale di questo secolo. Tra i miti da sfatare oggi ci sono la coppia, il successo, i bamboccioni che vorrebbero tutto facile o il suo contrario per cui questa generazione non protesta abbastanza contro i diritti che gli vengono negati. E anche quello di internet come soluzione a tutti i problemi. Diciamo, quindi, che per la prima volta ricorsi ad un titolo che prova ad essere la summa del contenuto delle canzoni, mentre in passato album come “Turisti della democrazia” o “L’Italia peggiore” preferivamo ricorrere alla pronta presa di frasi ad effetto».