Paul Weller, una goccia di English Rock all'Alcatraz

Il ritorno di Paul Weller rappresenta l’occasione per ascoltarlo redifinire il suono dell’ultima fatica in studio “A kind of revolution”

Paul Weller, ex frontman dei Jam e degli Style Council

Paul Weller, ex frontman dei Jam e degli Style Council

Milano, 12 settembre 2017 - Ecco uno di quei personaggi del rock per cui l’aggettivo “sorprendente” non suona mai sordo o, peggio, usato a caso. L’odierno ritorno di Paul Weller all’Alcatraz rappresenta, infatti, l’occasione per ascoltarlo redifinire il suono dell’ultima fatica in studio “A kind of revolution” e per offrire nuove chiavi di lettura ad una tra le prove migliori di un’avvincente discografia solista. Se nei sodalizi il “Modfather”, che all’anagrafe si chiama John William Weller, non è mai arrivato alla crisi del settimo anno, visto che le sue band - i Jam fondati con Bruce Foxton e Rick Buckler e gli Style Council con Mike Talbot - ne sono durati sei ciascuna, da solo ha trovato modo di sperimentare molto più a lungo un po’ in tutte le direzioni. La stessa irrequietezza umana e creativa che affiora da una vita privata allietata da otto figli avuti da quattro madri diverse.

Con l'ultima, Hannah, Paul-John s’è fidanzato a Venezia e sposato a Capri. D’altronde l’Italia è sempre stata bene al centro della sua vita; e non solo per le lambrette, le scarpe o gli abiti di gran taglio tanto cari all’estetica mod. Il suo prossimo disco conterrà pezzi sia acustici che orchestrali e arriverà nel 2018, per il suo sessantesimo compleanno, mentre il chitarrista di Woking si crogiola tra i consensi che hanno saputo rinnovargli sia “A new kind of revolution”, uscito a maggio per solennizzare il quarantennale del debutto tra i solchi di “In the city” dei Jam, che “Jawbone”, colonna sonora del film drammatico sul pugile Jimmy McCabe, uomo “alla disperata ricerca di una speranza” che si ostina a cercare nei posti sbagliati”, data alle stampe un paio di mesi prima. Prodotto e arrangiato da Jan Stan Kybert e da Paul stesso, “A Kind Revolution” contiene 10 classici moderni del “Modfather”. “Le risposte che andiamo cercando spesso sono dentro di noi, ma per trovarle occorre una rivoluzione dello spirito meno brutale e sanguinaria di quelle politiche anche se spesso altrettanto risolutiva - dice lui a proposito del titolo, attinto da un verso di “The cranes are back” - Nell’album c’è un pezzo sul pittore americano Edward Hopper, ci sono canzoni d’amore; per questo non lo intendo un lavoro impegnato, quanto piuttosto una raccolta di storie, uno squarcio di umanità”. Ed ad affiancarlo in questa ennesima esplorazione ci sono compagni di strada più o meno abituali come Andy Crofts e Ben Gordelier, Steve Cradock e Steve Pilgrimm, maIl funk di “One Tear” riporta pure la voce di Boy George. “Lo conosco da molto tempo, dagli anni ‘80, anche se per diverso tempo ci siamo un po’ persi di vista - racconta Weller a proposito dell’ex Culture Club - “Mi è capitato di rivederlo in televisione un paio di anni fa e sono rimasto sorpreso dalla sua voce, ancora piena ed evocativa. L’idea di fare qualcosa assieme mi è venuta in quel momento.”

Oggi alle 21.30 all’Alcatraz di via Valtellina.