Marillion in concerto agli Arcimboldi: "A tutto rock da (quasi) 40 anni"

Il chitarrista Steve Rothery assicura: "I nostri fan sono speciali"

Gli inossidabili Marillion sono diventati popolari negli anni ’80

Gli inossidabili Marillion sono diventati popolari negli anni ’80

Milano, 3 ottobre 2017 - «I milioni di fan che abbiamo sparsi per il mondo sono speciali, ma la passione ne rende alcuni più speciali degli altri e quelli italiani fanno parte a pieno titolo della categoria», assicura il chitarrista Steve Rothery, parlando del concerto dei Marillion agli Arcimboldi di domani. Per la band di Aylesbury, che nel 2019 festeggia quarant’anni, si tratta di un ritorno in Italia dopo il blitz della scorsa estate al Teatro Romano di Verona. «In riva all’Adige abbiamo passato una bella serata, ma il ricordo più forte, per me, rimane quello dell’ultima volta che abbiamo suonato a Milano e la gente che non la smetteva di cantare la melodia di “Sounds that can’t be made” anche dopo la fine del brano; uno di quei momenti incredibili che, per una formazione come la nostra, non sono facili vivere altrove».

Buona parte del concerto è imperniata sull’ultimo album “F.E.A.R.” uscito lo scorso anno.

«Effettivamente eseguiamo una decina di pezzi di “F.E.A.R.”, perché è uno dei migliori album della nostra discografia, con un mix di temi profetici, alla Nostradamus, e alcune delle musiche più potenti e visuali che abbiamo mai scritto. L’abbiamo inciso quasi tutto a Bath, negli studi Real World di Peter Gabriel».

Le registrazioni sono state finanziate con il crowfounding.

«Probabilmente il crowfounding nella musica l’abbiamo introdotto noi all’inizio degli anni Duemila, quando, stufi dello strapotere delle major del disco, per sostenere le spese di registrazione dell’album “Anoraknophobia” ci rivolgemmo direttamente ai fan. Se la libertà ha un prezzo, quello ci è sembrato il modo giusto per pagarlo».

Un titolo quale “F.E.A.R.” ovvero “Fuck Everyone And Run” può essere tradotto (in maniera edulcorata) con “frega tutti e scappa...”

«Da tempo in Europa la gente prova ad esprimere ad ogni tornata elettorale un voto di cambiamento, ma, come confermato pure dal recente voto tedesco, il risultato dell’urna porta ad una situazione politica ancora più confusa della precedente; questo finisce col mettere addosso al cittadino un senso di frustrazione e il conseguente istinto di tirarsene fuori».

Lo show che portate agli Arcimboldi diventa pure un album dal vivo, dal titolo terribilmente attuale quale “Living in Fear”. Vivere nella paura.

«Il titolo gioca, ovviamente, sul quello dell’ultimo album in studio e sulla sua riproposizione in tournèe. L’avevamo deciso già lo scorso anno, quindi prima dell’elezione di Trump, dell’incubo atomico nordcoreano, della Brexit, degli attentati terroristici di Manchester e di Barcellona. Purtroppo la paura rimane una costante di questi nostri anni”.