Giulia Mazzoni, i viaggi all'estero diventano musica

Lunedì l'esibizione all'Orto Botanico di Città Studi

La pianista e compositrice Giulia Mazzoni (Barbaglia)

La pianista e compositrice Giulia Mazzoni (Barbaglia)

Milano, 9 luglio 2017 - Simpatica e schietta. «Sangue toscano ma cittadina del mondo» Giulia Mazzoni si racconta. 28 anni, compositrice e pianista di fama internazionale, domani sera alle 21,30 all’Orto Botanico di Città Studi. È La prima tappa di una lunga tournée che la vedrà l’artista in concerto con «Room 2401», il suo album. «Non potevo che partire da Milano, la città in cui ho terminato gli studi pianistici, dove amo tornare appena possibile. I miei luoghi più cari? L’Orto Botanico e il Conservatorio Verdi».

Quando ha scoperto il pianoforte?

«Bambina, in casa avevamo dei dischi, e a volte i miei genitori mi portavano ai concerti. L’incontro ravvicinato con lo strumento è accaduto in quinta elementare, in una classe c’era un pianoforte verticale e durante l’ora di ricreazione ho ascoltato un’insegnate suonarlo. Una folgorazione, ho iniziato a giocare con i tasti come fossero mattoncini Lego finché ho chiesto ai miei genitori di poterlo studiare seriamente».

Ha iniziato come interprete ma si è subito affermata come compositrice.

«Non c’è mai stato un reale passaggio, quando ho scoperto il pianoforte ho provato a comporre, volevo raccontare delle storie con la musica. Lo studio dello strumento è stato fondamentale per capire come utilizzarlo meglio all’interno della composizione. Non ho mai pensato di diventare una concertista classica».

Come nasce un suo brano?

«Comporre è una necessità, è il mio modo di raccontare la vita, le mie emozioni, ansie, dubbi, speranze e paure. Posso svelare un dipinto o un’esperienza vissuta, come accade in “Room 2401”. In un periodo particolare, di riflessione sono andata a Chicago, quello era il numero della mia stanza d’albergo, dove, improvvisamente, ho sentito la mia vita creativa rinascere. “Room 2401” è una metafora, una stanza dell’anima: ognuno deve scoprire un posto per sé in cui potersi rifugiare e ricominciare».

Cosa significa per lei viaggiare?

«Conoscere nuove persone, culture, musiche con cui confrontarmi. In ogni viaggio ricevo doni preziosi che spesso trasformo in musica».

C’è un luogo in ama tornare?

«La stanza in cui c’è il mio pianoforte, lì mi rinchiudo e, nello stesso tempo, mi apro al resto del mondo. Un paese che mi ha dato tanto e che mi piace ritrovare è la Cina, mi ha permesso di scoprire un universo, anche umano, appassionato e stimolante».

C’è differenza fra il pubblico estivo e quello invernale?

«Sì. Ci sono stranieri in vacanza che magari mi hanno già ascoltato, oppure vogliono scoprirmi. E poi ci sono le famiglie con i bambini, tantissimi ragazzi».