ANDREA SPINELLI
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Coez: rapper? Sono allergico alle etichette

Coez, in arte Silvano Albanese, in scena alla alla Latteria Molloy di Brescia e al Santeria Social Club di Milano

HIP HOP Silvano Albanese in arte Coez è nato nell’83

HIP HOP Silvano Albanese in arte Coez è nato nell’83

Bresc ia, 5 gennaio 2017 - Essere pop o essere rap non è mai stata una sua preoccupazione, perché a Coez ciò che importa veramente è la cura di quella parola e di quei suoni che porta questa sera alle 20 alla Latteria Molloy di Brescia e domenica, alle 21 30, al Santeria Social Club di Milano. Anche se il suo percorso musicale l’autore de 'La rabbia dei secondi' l’ha iniziato nel segno del rap, grazie a quel Circolo Vizioso fondato appena diciannovenne assieme ad un paio di amici. Poi se n’è via via allontanato con l’esperienza Brokenspeakers e, soprattutto, con la folgorazione elettronica di 'Fenomeno Mixtape', arrivata a spianargli la strada che porta a Riccardo Sinigallia, suo grande mentore tra i solchi del secondo album 'Non erano fiori', quello della svolta pop.

"Ho capito che forse il rap non era esattamente quel che volevo fare e mi sono deciso a rischiare", ammette il cantante, al secolo Silvano Albanese da Nocera Inferiore, classe 1983. "Se sotto il profilo discografico il mio cammino è stato abbastanza tradizionale, vengo infatti dal web ma non sono certo nato su YouTube, a livello artistico è andato in direzione ostinata e contraria rispetto alla tradizione".

Uscito nel 2015, l’ultimo album 'Niente che non va' esprime un cauto ottimismo rispetto a brani del passato come 'Dramma nero' o 'Siamo morti insieme', mostrando un Coez-Silvano più convinto delle proprie capacità, anche se piuttosto lontano dalle rassicuranti certezze dell’hip-hop, che però, come il primo amore, giura di non aver mai dimenticato. "Io vengo da un genere anche se adesso non faccio più musica di genere", ammette. "E siccome qualche etichetta bisogna pur trovarla, mi dicono che faccio pop oppure che sono il rapper-cantautore. Ma la cosa non mi tocca, perché a 33 anni penso di aver conquistato una credibilità capace di mettermi al riparo dal sospetto di speculazioni. E se ho deciso di cambiare genere l’ho fatto perché nel rap di oggi quelli che vendono per davvero hanno un’età anagrafica piuttosto diversa dalla mia, oltre ad un pubblico poco portato a cogliere quanto ha da dire uno come me. Io stesso, d’altronde, sono il primo a non credere più ad alcune cose scritte nei pezzi dei primi anni. Ho fatto pure pace con certi fantasmi del passato, e penso che si senta; in brani come ‘Figlio di nessuno’, ‘Niente che non va’, oltre alla stessa ‘Non erano fiori’, la mia visione delle cose è molto meno pessimista rispetto a ieri".

Oggi alle 20 alla Latteria Molloy di Brescia e domenica, alle 21, 30, al Santeria Social Club di Milano.