Primo Natale in carcere per Stasi, cella al terzo piano: almeno vedo l’orizzonte

Alberto Stasi: "Il carcere è un mondo parallelo. Nei quattro giorni che ho passato in quello di Vigevano non riuscivo a vedere l’orizzonte" VIDEO - Cassazione conferma condanna per Stasi

Alberto Stasi (Newpress)

Alberto Stasi (Newpress)

Bollate (Milano), 27 dicembre 2015 - «Il carcere è un mondo parallelo. Nei quattro giorni che ho passato in quello di Vigevano non riuscivo a vedere l’orizzonte. Qui, almeno, sono al terzo piano, e lo vedo insieme con tutto il mondo di fuori». Alberto Stasi lo dice rivolgendosi con un sorriso triste all’avvocato Giada Bocellari, uno dei suoi difensori, lo stesso che a mezzogiorno del 12 dicembre lo ha accompagnato a costituirsi nel carcere di Bollate. Una presenza dolce e forte accanto all’ex bocconiano che mezz’ora prima la Cassazione aveva definitivamente gravato della condanna a sedici anni per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, il 13 agosto del 2007, a Garlasco.  Cella 315, reparto I. Il primo Natale da detenuto del trentunenne Alberto. Una giornata resa ancora più dolorosa dal ricordo del padre, Nicola, scomparso il giorno di Natale di due anni fa. Una roccia, una presenza quasi leonina a difendere il figlio accusato, un’ombra protettiva. 

Pranzo di capretto con i compagni di reparto. La lettura di questi giorni è “Il piccolo principe”, ricevuto in regalo. Nei primi giorni Stasi ha chiesto ai tre compagni di cella, un montenegrino, un apolide, un giovane italiano, che il televisore rimanesse spento. Voleva evitare il diluvio mediatico che sapeva si stava abbattendo su di lui dopo la condanna. Con il tempo è riuscito a superare quel blocco psicologico, il televisore non è più off limits. Si trova bene con gli altri tre. «Sono stati - dice - molto gentili. Quando sono arrivato mi hanno aiutato a fare il letto, mi hanno prestato un accappatoio perché non l’avevo. Qui dentro ho trovato molta solidarietà, una umanità che non avevo incontrato in tutti questi anni». 

Le giornate si susseguono scandite da orari e appuntamenti precisi nel microcosmo di Bollate. Le quattro ore d’aria, ripartite fra mattinata e pomeriggio. Il pranzo alle 11, la cena alle 17.  Alberto riceve molte lettere, finora sono una sessantina, nella stragrande maggioranza di sconosciuti. Gli scrivono coppie di coniugi, preti, suore, tutte di incoraggiamento di sostegno. Un pensiero fisso: la madre rimasta sola a Garlasco, con il negozio di famiglia da mandare avanti. Tutti i loro incontri iniziano e finiscono con un lungo pianto in comune e un interminabile abbraccio.