Roghi nel "triangolo della diossina", gli interessi di cosche e trafficanti

In un anno 12 incendi in depositi di rifiuti, la metà nel Pavese

Corteolona, vigili del fuoco al lavoro (Torres)

Corteolona, vigili del fuoco al lavoro (Torres)

Milano, 6 gennaio 2018 - Il WWF Lombardia parla di «triangolo della diossina», tra Mortara, Corteolona e Parona. L’anno scorso sono stati 12 gli incendi ad aziende di stoccaggio, trattamento e smaltimento rifiuti in Lombardia (la metà nel Pavese). Ancora più impressionanti i numeri nazionali. Dal 214 si sono verificati in tutto il territorio nazionale 250 incendi. Un allarme recepito da “Ecomafia 2017”, il rapporto annuale di Legambiente, che dedica molta attenzione al mercato nero dei rifiuti. «Negli ultimi anni - è uno dei passaggi più significativi - stiamo assistendo allo strano moltiplicarsi di incendi che colpiscono aziende di trattamento e stoccaggio di rifiuti, con danni ambientali, sanitari ed economici enormi. Un po’ in tutto il paese si stanno infatti susseguendo episodi, all’inizio soprattutto in Veneto, per poi dilagare nel resto del Paese». Nel 2016 sono stati contestati su tutto il territorio nazionale 5.722 reati nella gestione dei rifiuti, con un incremento di quasi il 12%. Le persone denunciate sono state 6.887 (+18,5%), con una media di quasi 16 al giorno; gli arresti 118 (+40%) e i sequestri 2.202. La Campania guida la classifica con 936 reati, seguita da Puglia (644) e Lazio (533). La Lombardia conquista il poco invidiabile primato fra le regioni del Nord con 320 reati, scalzando la Liguria (277). Fino al maggio scorso erano 346 le inchieste concluse nelle sedi giudiziarie di tutta Italia a carico di trafficanti di rifiuti, con 1.649 ordinanze di custodia cautelare, 7.976 denunce, 914 aziende coinvolte.

«Difficile pensare - dice Sergio Cannavò, responsabile ambiente e legalità di Legambiente Lombardia - per questi dodici incendi a una casualità o all’opera del destino. Al contrario, per alcuni casi esiste la certezza della natura dolosa, da parte di chi aveva un interesse o comunque un motivo per farlo. La risposta finale dovrà venire dalla magistratura, ma per più di un caso si può pensare ad un’unica regia. Quello dei rifiuti è un settore florido della nostra economia, dove spesso si annidano notevoli interessi economici».

Perché si ricorre al fuoco doloso?

«Possiamo provare a immaginare i motivi. Per esempio, la necessità di cancellare le prove di una gestione illegale che, se venisse scoperta, porterebbe a sanzioni, a condanne, con effetti sui diritti civili, sia che riguardi soggetti della imprenditoria legale sia che coinvolga elementi legati alla criminalità. Sono il primo a riconoscere che si tratta di indagini tutt’altro che semplici perché le fiamme distruggono tutto. Però, questa concatenazione di incendi può essere l’occasione per proiettare un faro sulle attività di controllo. In un settore come quello dei rifiuti i controlli devono essere più frequenti, più numerosi, fatti a sorpresa. E che siano svolti da personale che abbia poteri di polizia giudiziaria, cosa che per tanto tempo non era prevista».

Presenza mafiosa?

«Non si può escludere. Anche nella nostra regione sono emersi il coinvolgimento e in qualche caso la regia di esponenti mafiosi sia nella gestione di rifiuti urbani sia nei traffici illeciti di rifiuti speciali e pericolosi. Oltre alla presenza di figure che potremmo definire di intermediari, colletti bianchi e professionisti, ben disposti a fare affari con chiunque, compresi affiliati alle mafie».