Sfruttavano prostitute cinesi in mezza Italia: banda arrestata, giro da 150mila euro

Operazione partita da Venezia e diramata anche a Milano, Bergamo e Brescia. Una ventina di case di prostituzione che arrivavano fino a 5mila euro al giorno

Prostituzione, una piaga senza tempo aggravata dallo sfruttamento

Prostituzione, una piaga senza tempo aggravata dallo sfruttamento

Milano, 6 dicembre 2016 - Un'operazione contro lo sfruttamento della prostituzione è stata eseguita dai carabinieri di Venezia anche in Lombardia, fra le province di Milano, Bergamo e Brescia. I militari hanno sequestrato beni, tra appartamenti e auto, per un valore di oltre un milione di euro. Emesse 8 misure cautelari nei confronti del gruppo che aveva soggiogato ragazze cinesi, in Italia senza permessi, per la prostituzione. Le giovani venivano attirate in Italia dai connazionali con la promessa di un lavoro sicuro e successivamente intrappolate in case d'appuntamenti, dove erano costrette a vivere in condizioni disumane, private di ogni libertà personale. A capo dell'organizzazione, strutturata in modo gerarchico, due donne cinesi, in concorso con i conviventi italiani. Eseguiti quindi sette arresti in carcere (due italiani di 45 e 52 anni, con cinque cinesi fra i 38 e 47 anni) fra Veneto e Lombardia e un obbligo di firma. A condurre le operazioni, i carabinieri di Mestre in collaborazione con i colleghi di Milano, Rho, Treviglio (Bergamo), Chiari, Desenzano del Garda, in esecuzione di una ordinanza emessa dal gip del Tribunale di Venezia.

Le indagini, partite nel luglio 2015, hanno consentito di identificare circa 40 persone, tra prostitute clandestine e proprietari di appartamenti (sia di nazionalità italiana che cinese), che affittavano ai capi dell'organizzazione immobili dove poter svolgere gli incontri sessuali. È stata accertata la presenza di una ventina di case di prostituzione in mezza Italia: Chiaravalle (Ancona), Montemarciano, Marcon (Venezia), Calcio (Bergamo), Piacenza, Caronno Pertusella (Varese), Milano, Cesano Maderno (Monza e Brianza), Sanremo (Imperia), Fano (Pesaro e Urbino), Zogno (Bergamo), Mandolossa, Biella, Gallarate (Varese) e Orte (Viterbo).

Ai vertici dell'associazione vi erano quattro donne asiatiche, che avevano le proprie basi operative tra il Veneto e la Lombardia, ma che viaggiavano frequentemente sui treni ad alta velocità (da qui il nome dell'operazione «Freccia Gialla») per raccogliere il guadagno delle ragazze sfruttate. Nel corso delle indagini è stato stimato l'introito giornaliero che ogni casa di prostituzione riusciva ad incassare: si parla di almeno 5mila euro al giorno, per un totale mensile di circa 150mila euro. Gran parte del flusso di denaro veniva poi reinvestito direttamente in Italia.