Il lupo italiano sconfina: a processo. Il Canton Ticino vuole sopprimerlo

Analisi genetiche e indagini dove ha assalito le greggi

Un lupo (Dire)

Un lupo (Dire)

Como, 24 marzo 2017 - Il peggio che poteva capitare nei fumetti a Lupo Alberto, tutte le volte che si avvicinava al pollaio per prendere le galline, era rimediare qualche legnata dal cane Mosè. In Svizzera al lupo M75 è andata decisamente peggio: il Consiglio di Stato del Canton Ticino ha deciso di condannarlo a morte perché tra gennaio e febbraio ha sbranato ben 32 capi, tra pecore e agnelli, 7 in più della quota mensile sotto la quale sarebbe stato graziato. Strano ma vero: nella verde Svizzera di Heidi i lupi si proteggono, ma solo se si comportano bene. Quando sono troppo aggressivi o famelici e producono danni agli animali da reddito si possono sopprimere, una volta che uno o più allevatori ne facciano richiesta in qualità di parte lesa.

Come per gli uomini anche per i lupi la responsabilità penale è individuale e per M75 è stato necessario istruire un vero e proprio processo, che consentisse di stabilire con esattezza quali pecore aveva sbranato. Se a ciò si aggiunge che il reo con tutta probabilità è italiano, visto che i lupi che sono tornati a scorrazzare da qualche anno in Canton Ticino e in Canton Grigioni sono risaliti dalle Alpi Marittime e appartengono a un branco che era stato reintrodotto nel Parco Nazionale d’Abruzzo, si comprende perché la corte non sia stata di manica larga. A inchiodare M75 alle sue colpe sono state le analisi genetiche eseguite dal Laboratorio di biologia dell’Università di Losanna, sulla base delle prove raccolte sui luoghi del delitto, in Leventina tra Faido e Airolo e in Mesolcina tra Arbedo e Castione. Analizzando le tracce biologiche, ovvero le impronte e i segni dei morsi lasciati sulle carcasse, gli scienziati hanno appurato che il responsabile era il lupo avvistato per la prima volta il 21 gennaio scorso in val Bregaglia.

Ad incastrarlo il Dna trovato sulla sua prima vittima, un agnello sbranato la notte del 21 gennaio in località Stampa. Il secondo raid il 25 gennaio a Sorsello, quando aveva divorato altri 3 capi, poi la «strage» del 28 gennaio a Capinengo, con 12 pecore e 2 agnelli uccisi. Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio un nuovo raid a Cavagnano per mangiarsi 1 pecora e 8 agnelli; due giorni dopo a Cama altre 17 pecore: 44 vittime accertate, roba da serial killer, alle quali potrebbero aggiungersi altre 7 pecore uccise il 17 febbraio a Trun. La sentenza è stata emessa e dovrà essere eseguita entro sessanta giorni.