Immigrati, lavoro e sanità. Ne abbiamo fatta di strada

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Gentile Presidente, bisogna rendere difficile la vita agli immigrati e soprattutto ai clandestini: bisogna bloccare il loro arrivo in Lombardia. Non possiamo aspettare che terroristi arrivino nella nostra regione a sgozzarci.

Sal. Foschi

Gentile Foschi, Lei ha perfettamente ragione: bisogna bloccare l’arrivo di nuovi immigrati. Come lei sa però i temi dell’immigrazione e della sicurezza interna dei cittadini sono di competenza del Governo Centrale di Matteo Renzi, che si comporta esattamente al contrario rispetto a quanto richiesto dai cittadini. Per quanto mi riguarda, da Ministro dell’Interno, ho sempre applicato i respingimenti dei clandestini. Ora da Presidente della Regione faccio il possibile per garantire, con le competenze che la Regione ha a disposizione, la miglior sicurezza per i lombardi. Ho fatto approvare una legge sui culti molto restringente per quanto riguarda la loro proliferazione soprattutto in tema di moschee. Dopo i tragici fatti degli ultimi mesi ho dato disposizione perché questa legge sia resa ancora più dura. Ho chiesto ai sindaci l’elenco dei luoghi di culto e in particolare delle moschee sparse in tutta la Lombardia. Ho fatto divieto di entrare con il burqa o con il volto velato negli ospedali e in tutti gli edifici della Regione Lombardia. Come Lombardia abbiamo ottenuto una grande vittoria nel bloccare l’utlizzo del campo base di Expo come luogo dove ospitare migliaia e migliaia di clandestini. Ogni giorno io e i miei assessori spieghiamo al Governo di Matteo Renzi come la Lombardia sia ormai stracolma di immigrati e di clandestini e che qui non ne possono più arrivare. Penso che di risultati ne stiamo ottenendo.

Buongiorno presidente Maroni, la ringrazio e la stimo per quello che sta facendo per i disoccupati lombardi. Ho iniziato il Progetto di inserimento Lavorativo a novembre 2015 e l’ho terminato a maggio 2016 a Cesano Maderno (Monza e Brianza) al centro per l impiego. Purtroppo non ho ancora ricevuto il contributo, nè un lavoro. Potete accelerare un po’per cortesia. Sono veramente senza un euro.

Toni, Cesano Maderno (Monza)

Gentile Toni, sono molto contento che lei abbia potuto usufruire del Progetto di inserimento lavorativo che fa parte della nostra Dote Unica Lavoro e che questo strumento possa costituire per lei un’opportunità in più per rientrare nel mondo del lavoro. In merito al Progetto specifico le segnaliamo che lo stesso viene erogato in un’unica soluzione alla fine del percorso, previa la ricezione da parte dell’Ente di tutti documenti utili e richiesti in quanto le risorse sono del Fondo Sociale Europeo.

Gentile Presidente vorrei segnalare una cosa che mi sembra giusta che venga realizzata. Nei consultori CSP centri, oltre a curare con medicine, si chiede ai genitori o parenti dei pazienti una collaborazione costruttiva perché le terapie non terminano solo con i farmaci. Ecco credo che questo scambio di comunicazione ci debba essere non solo tra famigliari e medici, ma soprattutto tra i sanitari e i parenti delle persone malate. E questo proprio per aiutare, in modo decisivo, la famiglia che ha in carico, per gran parte del tempo, il paziente.

Giovanni Guerini

Gentile Giovanni, lei ha toccato uno dei nodi fondamentali nel processo di cura dei pazienti che è rappresentato appunto dall’importanza della presenza dei famigliari che assistono in modo costante e continuativo il malato e sono quindi in grado di fornire al personale sanitario curante tutte le informazioni utili per il monitoraggio dello stato di salute. Questo è uno dei principi fondanti della recente legge regionale di evoluzione del sistema sociosanitario lombardo che sottolinea costantemente l’importanza della promozione della partecipazione consapevole e responsabile delle persone, delle famiglie e delle comunità nei confronti dei corretti stili di vita e nei percorsi di prevenzione, di cura. Particolare importanza assume il processo di comunicazione e di relazione tra il malato, i suoi famigliari e il personale sanitario curante che deve essere orientato al reciproco ascolto al fine di programmare il percorso di cura individuale più appropriato ed univoco. Questo è uno degli elementi principali che segnano il passaggio dalla semplice cura a quello del “prendersi cura” del paziente, ove non è sufficiente considerare soltanto la gestione clinica della malattia ma anche - e soprattutto direi - la strategia centrata sulla persona e sul supporto delle reti familiari. Se a volte questo non accade è corretto richiamarne l’importanza per assicurare l’impegno di tutti gli operatori della sanità in tal senso, così come ben ha sottolineato lei.

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