Green pass, il nodo dei controlli a scuola e a lavoro: a chi spettano?

Oggi il governo affronta il tema con le parti sociali mentre i sindacati si mobilitano: "No a sanzioni"

Green pass

Green pass

Il Green pass "supera" il primo fine settimana di nuovi divieti e restrizioni per chi non lo ha mentre non si placa la protesta di piazza dei contrari alla certificazione verde. Se l'obbligo del lasciapassare sanitario per entrare in ristoranti e bar (al chiuso), musei, cinema discoteche e stadi è ormai dato per acquisito, resta aperto il nodo dei controlli. A chi spettano? Una questione pratica, certo, ma anche giuridica. Le verifiche sui green pass rappresentano un costo e un impegno enorme, non solo per gli esercenti, tanto che qualche ristoratore ha già scelto di chiudere la parte indoor pur di evitare la sgradevole incombenza,  ma anche per le scuole e le aziende soprattutto in vista della ripresa di settembre.  Così, mentre già spuntano le prime truffe con certificazioni false vendute sul web, sul tavolo del Governo già oggi arriva il tema del "check", delle sanzioni e degli ambiti di applicazione da affrontare insieme alle parti sociali.

Scuola

I presidi generalmente si dicono favorevoli all'introduzione del Green pass per docenti e personale scolastico, chiamati a vaccinarsi per evitare nuove focolai in autunno, ma pongono il problema dei controlli e delle sanzioni su chi si rifiuta di adeguarsi alle nuove norme anti-Covid. La richiesta che arriva dal mondo della scuola, che trovare il favore del Ministero, è di non sanzionare il personale sguarnito di green pass, ponendo le condizioni perché non sia a stretto contatto con gli studenti, e di assumere personale aggiuntivo per le verifiche. Al momento, spettano ai presidi, con rischio di multe fino a 400 euro per omessi controlli, ma servono nuove circolari che facciano chiarezza, come ammesso dalla stessa  sottosegretaria all'Istruzione Barbara Floridia che, pur difendendo il provvedimento, sottolinea che "sulle sanzioni ai presidi - dice - è in corso una riflessione politica perchè da più parti sono arrivate perplessità ed è possibile che in fase emendativa il Parlamento proponga modifiche alla norma". "Ritengo che le sanzioni pecuniarie contro i dirigenti scolastici e il personale scolastico siano un accanimento" aggiunge. Dal canto loro, i sindacati della scuola esprimono richieste chiare: per gestire l'introduzione del Green pass nelle scuole serve un "plotonè di 8 mila nuovi segretari. Il rischio, altrimenti - avvertono i presidi - è che mentre si scarica sugli istituti un'altra mole di compiti, non ci sia il personale a gestirli, e che i dirigenti scolastici vengano schiacciati da una nuova mole di responsabilità, mettendoli a rischio burn out, ovvero esaurimento"

Lavoro

La stesso tipo di problematica si declina sul settore produtttivo. Il Green pass è obbligatorio nelle mense aziendali ma non in altri contesti lavorativi. O non ancora, spetterà al Governo decidere in tal senso. "Sia chiaro, il sindacato sta invitando tutti i lavoratori a vaccinarsi e non abbiamo nulla di principio contro il Green Pass, ma in nome di cio' non e' accettabile introdurre una logica punitiva e sanzionatoria nei confronti di chi lavora". Il timore, in altre parole, è che la mancata vaccinazione possa diventare un grimaldello per scardinare posti di lavoro. "Se il governo rendera' obbligatorio il Green Pass nei luoghi di lavoro ben venga, a tutela della sicurezza delle persone e del lavoro, ma occorre farlo con una legge di primo livello", afferma invece il presidente di Assolombarda, Alessandro Spada.

Dibattito tra giuristi

Divide i giuristi l'attribuzione ai ristoratori - che ospitano clienti al chiuso - dei compiti di controllo del possesso del Green pass e dei documenti di identità della clientela. Non ha dubbi Gianluigi Pellegrino, tra i più esperti legali di diritto amministrativo, che rientri nel pieno diritto dello Stato chiedere a ristoratori e titolari di esercizi aperti al pubblico di controllare i documenti sanitari e di identità dei clienti. Per il costituzionalista Michele Ainis, invece, delegare i controlli a soggetti non 'titolatì è un altro indizio della «militarizzazione della società civile» e la crescente limitazione di spazi di libertà mette in circolo «pulsioni anti-statali». 

In Europa

Il lasciapassare sanitario, adottato dall'Ue il primo luglio per consentire i viaggi oltre i confini nazionali, in poco più di un mese è diventato uno strumento indispensabile in una ventina di Stati per godersi in sicurezza una cena al ristorante, un concerto o una visita ad un museo, una partita o un tuffo in piscina: 300 milioni di certificati sono stati già emessi tra i 27. A dispetto di uno zoccolo duro di cittadini che continuano a scendere in piazza contro una misura giudicata discriminatoria e troppo restrittiva per le libertà individuali. Con l'esplosione della variante Delta, che ha riportato i contagi da Covid in crescita, i governi europei sono corsi ai ripari accelerando le campagne vaccinali. Per poi decidere di puntare tutto sul pass sanitario (che attesti la vaccinazione completa, la guarigione dal virus o la negatività a un test), estendendo il suo utilizzo a gran parte delle attività quotidiane. Così in poco tempo è diventato un requisito essenziale per entrare nelle sale cinematografiche e prendere un treno o un aereo in Francia, per visitare un museo in Austria, per cenare al chiuso in Italia (ma dal primo settembre servirà per molto altro) o per soggiornare in un qualsiasi hotel in Portogallo. Così come in Irlanda. In Olanda è necessario per i grandi eventi. In Grecia i ristoranti hanno tre categorie: quelli che ammettono solo persone con certificato di vaccinazione, quelli che accettano anche un test negativo e quelli che garantiscono che tutti i dipendenti siano stati vaccinati. In Romania, il pass amplia le possibilità per accedere alle palestre ed ai luoghi culturali, in Croazia condiziona il numero degli invitati a matrimoni. In Danimarca è impossibile assistere a una partita di calcio con più di 2.000 spettatori senza. Malta lo richiede per entrare nel Paese, in alternativa alla quarantena. La Danimarca è stata tra i primi Paesi ad adottarlo, anche per andare dal parrucchiere. Nelle repubbliche baltiche chi non ha il pass cena fuori, con rigide regole di distanziamento e limiti al numero dei commensali. Sono rimasti in pochissimi a non aver adottato il  pass in modo esteso. Se si escludono quelli con un tasso di vaccinazione ancora troppo basso, come la Bulgaria, tra i grandi Paesi restano fuori Germania e Spagna, che hanno lasciato alle singole regioni la discrezionalità sul suo utilizzo. Il Green pass . È attivo anche fuori dall'Ue, in Svizzera, Norvegia, Islanda e Vaticano. Mentre in Israele il suo utilizzo è stato appena esteso, a causa della continua crescita dei contagi. E l'Ue punta a farlo diventare uno standard internazionale, trovando un modo per riuscire a far comunicare tra loro le tecnologie adottate in altri Paesi e continenti.