Gianna Nannini: "Un Amore gigante. E quel vuoto"

La cantautrice a Milano per un firmacopie

Gianna Nannini

Gianna Nannini

Milano, 28 ottobre 2017 - Il titolo gliel’ha suggerito un sms della scrittrice Isabella Santacroce e “Amore gigante” nei pensieri di Gianna Nannini è diventato immediatamente quello giusto per contenere tutti gli altri del nuovo album. La rosa nel pugno lasciatagli da rivolgimenti artistici e familiari che la rockheuse senese condivide con i fans domani alle 17 al Mondadori Megastore di Piazza Duomo, nell’attesa di tornare in concerto il 4 dicembre al Forum di Assago. E che anticipa con un ricordo lontano.

«Per me c’è un milanese molto speciale - dice- E si chiama Eugenio Finardi. Fu lui a dirmi: “invece di cantare queste canzoni lagnose, perché non vieni a fare rock con noi?”.Era il ’78, il periodo in cui stavo con Stefano Cerri, bassista dei Crisalide, il gruppo che l’accompagnava. Così io e Claudio Rocchi andammo a fargli da supporter. Finardi era il rock italiano, in anticipo sull’era Vasco Rossi e ancora di più su quella Ligabue. Io aprivo, facevo le canzoni da cantautrice ma andavo fuori tempo, un po’ alla Edith Piaf. Un attimo prima di salire sul palco mi stonavo un po’ bevendo un Campari caldo e andavo. Poi toccava a Rocchi, che non cantava, ma accendeva un fuoco e si beccava gli “scemo scemo”del pubblico. Solo l’eroe Finardi riusciva a pacificare gli animi e la serata finiva in gloria».

In quegli anni suo padre non prese benissimo la copertina di “California”.

«Papà era un po’ conservatore e quando scoprì che quello impugnato dalla Statua della Libertà sulla cover del disco al posto della fiaccola non era un missile nucleare, come pensava, ma un vibratore, chiamò Mara Maionchi, mia discografica, per chiederle di togliere il suo cognome dalla copertina. Ma la preoccupazione non era tanto per la famiglia quanto per il fatto che facendo la cantante sarei diventata una poco di buono; temeva una vita tutta sesso, droga e rock’n’roll».

E Mara cosa disse?

«Si mise a ridere. Voleva bene a mio padre Danilo, che conosceva bene perché il primo contratto, ancora minorenne, l’aveva firmato lui. Io però presi quella richiesta come un affronto. Già per tre settimane mi ero chiamata Patrizia Nanni perché lui non voleva che utilizzassi il mio nome e ora, e ora dovevo sacrificarla un’altra volta. Dissi di no».

Nella versione deluxe di “Amore gigante” c’è il bagnato dell’Arena di Verona .

«Fin dall’inizio avevamo pensato di trasformare quel concerto in un album dal vivo. Ma la pioggia di Verona diventò una sonorità fissa di quella serata. Un la maggiore continuo che ho voluto rendere elemento dello show».

Una donna dalla vita piena che canta “questo vuoto cos’è”.

«C’è una parte malinconica di me che amo. La malinconia è un bel sentimento e a me piace il mondo dark perché esprime questo intimismo spesso sofferto. Certi vuoti le ho sempre avuti».