Eluana Englaro, Formigoni non arretra: fu giusto cercare di non farla morire

Il Tar gli ha dato torto, ma l’ex governatore rivendica la scelta del 2008 di NICOLA PALMA

Eluana Englaro con la mamma Saturna

Eluana Englaro con la mamma Saturna

Milano, 11 aprile 2016 - Caso Eluana, redde rationem in Regione. Oggi la Giunta di Palazzo Lombardia deciderà se impugnare o meno la sentenza del Tribunale amministrativo che settimana scorsa – come anticipato dal Giorno – ha accordato un risarcimento da 143mila euro a Beppino Englaro, padre della ragazza morta il 9 febbraio 2009 a Udine, ribadendo l’illegittimità del decreto emanato nel 2008 dall’allora esecutivo Formigoni che vietò su tutto il territorio regionale la sospensione delle terapie che tennero in vita Eluana per più di 17 anni. Il governatore Roberto Maroni, a quanto par di capire dalle sue dichiarazioni, è intenzionato a non ricorrere in Consiglio di Stato, a meno che dagli uffici non arrivino indicazioni contrarie su eventuali danni erariali legati alla mancata prosecuzione della battaglia legale. D’altro canto, Raffaele Cattaneo, presidente del Consiglio regionale in quota Ncd, ha fatto chiaramente capire come la pensa: «La questione non può essere accantonata in questo modo e credo meriti un chiarimento in maggioranza». Scontro Lega-Ncd? Staremo a vedere.

Roberto Formigoni non arretra di un millimetro. A più di 7 anni dal decreto che vietò ai medici lombardi di staccare il sondino naso-gastrico a Eluana Englaro, l’ex governatore, oggi senatore di Ncd, ne rivendica in pieno la paternità: «Un gesto di grande livello, una scelta per la vita». Nonostante il Tribunale amministrativo abbia ribadito non più tardi di lunedì scorso l’illegittimità di quel provvedimento, che costrinse i genitori della trentanovenne a trasportarla in ambulanza alla clinica «La Quiete» di Udine per interrompere l’alimentazione artificiale la sera del 9 febbraio 2009.

Senatore Roberto Formigoni, una settimana fa, il Tar ha disposto il risarcimento danni per Beppino Englaro, dichiarando l’illegittimità del provvedimento della sua Giunta. Lei ha cambiato idea in questi anni? «Nient’affatto. Io rivendico con forza quella decisione: i soldi della sanità pubblica devono essere spesi per salvare vite umane e non per sopprimerle. E le diro di più».

Prego. «Quella decisione non fu presa solo da Roberto Formigoni, ma dall’intera Giunta che allora governava in Regione Lombardia, in accordo con il Governo nazionale».

Governo Berlusconi del quale faceva parte anche l’attuale governatore Roberto Maroni in qualità di ministro dell’Interno. È a questo che vuole arrivare? «Certamente. Fu una decisione condivisa da tutti. E oggi non sono ammessi passi indietro su questo fronte, a meno che non si pensi di poter mettere la coerenza sotto i piedi».

Il governatore Roberto Maroni ha fatto intendere che fosse per lui rispetterebbe la sentenza del Tar Lombardia senza proseguire la battaglia legale in Consiglio di Stato. «Mi auguro proprio che non lo faccia. Come ho appena detto, credo che la coerenza sia un valore fondamentale in politica: quello che noi compimmo nel 2008 fu un gesto di grande livello, una scelta per la vita. Va rivendicato e difeso, non dimenticato e messo da parte».

Il suo collega di partito Raffaele Cattaneo, presidente del Consiglio regionale e suo assessore a quei tempi, ha affermato che questa vicenda merita un chiarimento in maggioranza. «Sono perfettamente d’accordo con lui e sottoscritto in pieno le sue dichiarazioni».

I giudici del Tar hanno scritto in sentenza: “Non è possibile che lo Stato ammetta che alcuni suoi organi ed enti, qual è la Regione Lombardia, ignorino le sue leggi e l’autorità dei tribunali, dopo che siano esauriti tutti i rimedi previsti dall’ordinamento, in quanto questo comporta una rottura dell’ordinamento costituzionale non altrimenti sanabile”. Una bocciatura su tutta la linea di quel decreto. Non le fa effetto? «No, perché noi non violammo alcuna legge, anzi rispettammo in pieno quella in vigore in quel momento. Per fortuna, la decisione finale non spetta ai giudici del Tar, bensì a quelli di seconda istanza del Consiglio di Stato. E mi auguro proprio che Regione Lombardia li interpelli per avere l’ultima parola».  

nicola.palma@ilgiorno.net