Cyberbullismo record in Lombardia. Quando uno “scherzo” rovina la vita

Per i presidi arduo spiegare ai genitori la gravità delle angherie a scuola

Polizia postale al lavoro

Polizia postale al lavoro

Milano, 8 settembre 2016 - Una stretta allo stomaco o la testa pesante ogni volta che si entra a scuola e si sa già di essere l’argomento di conversazione della giornata. Colpa di quel video o quelle foto compromettenti fatte girare sui social network, o per certe umiliazioni pubbliche divulgate via chat, per le prese in giro e gli insulti resi eterni dalla pubblicazione in rete. Tanti si tengono tutto dentro, a volte con conseguenze drammatiche. Altri invece, denunciano. Il dossier sul cyberbullismo prodotto dall’associazione Telefono azzurro nel 2015 individua la Lombardia come la regione italiana, insieme al Piemonte e seguita dalla Sardegna, con la più alta percentuale di richieste di aiuto per situazioni legate al fenomeno: il 14,1%, per il periodo tra il 1° ottobre 2014 e il 1° dicembre 2015.

Spiegano dall’associazione che il dato può riflettere una maggiore disponibilità a segnalare gli episodi, sia da parte degli adulti che dei ragazzi, non è legato solamente al numero dei casi. Che in generale, a livello nazionale, non è trascurabile, almeno quello che riguarda gli episodi giunti all’attenzione delle autorità: il dossier del Telefono azzurro evidenzia come questi siano solo «la punta dell’iceberg rispetto alla vastità del fenomeno».

I dati della polizia postale, disponibili sul sito del Ministero dell’Interno, mostrano come l’anno scorso siano stati trattati 228 casi di cyberbullismo in ogni sfumatura del fenomeno, dallo stalking alla diffamazione online, dal furto di identità sui social network alla diffusione di materiale pedopornografico. In totale sono stati sessantaquattro i minorenni denunciati. Nel 2014, i casi totali trattati sono stati invece 317, con ventotto minori denunciati.

Per contrastare il fenomeno, autorità e associazioni passano attraverso l’analisi e l’informazione. Coinvolgendo non solo i ragazzi (da tre anni, la polizia sta portando avanti la campagna educativa ‘Una vita da social’, in programma anche per il nuovo anno scolastico), ma anche gli adulti di riferimento, a livello famigliare e scolastico. La scuola è, generalmente, il luogo d’aggregazione maggiormente frequentato durante la giornata dai ragazzi e anche quello dove, spesso, serpeggia lo spettro del cyberbullismo. Un’indagine del Ministero dell’Interno e Censis pubblicata a marzo di quest’anno e svolta sui dirigenti scolastici permette di capire la percezione che presidi e insegnanti hanno del fenomeno.

La maggior parte dei dirigenti ha indicato come principale difficoltà incontrata nella gestione di casi di bullismo e cyberbullismo il «rendere i genitori consapevoli della gravità dell’accaduto». L’80,7% dei presidi intervistati ritiene inoltre che quando i figli compiono atti di cyberbullismo, i genitori minimizzano i fatti «qualificandoli come scherzi fra ragazzi». La maggior parte dei presidi intervistati nel corso dell’indagine inoltre considera il cyberbullismo «più doloroso per le vittime», per i danni alla reputazione, ma ritengono anche che il fenomeno sia «più difficile da individuare per gli adulti». Da poco più di un anno, Telefono Azzurro grazie a una convenzione con il Miur lavora in rete proprio con le scuole. L’associazione ha messo a disposizione il numero 19696, attivo tutto il giorno, oltre a una chat sul sito della onlus.