"Dopo 28 anni è in arrivo la verità, va riscritta la storia di Bergamini"

Il compagno di squadra Sergio Galeazzi: buchi neri nelle indagini

Denis Bergamini

Denis Bergamini

Milano, 20 maggio 2017 - Oltre 350 partite in carriera, un terzo delle quali (120) con la maglia del Cosenza, fra il 1986 e il 1990. Sergio Galeazzi (oggi 52enne allenatore nei campionati dilettantistici, fra Piemonte e Lombardia) se lo ricordano per le lunghe sgroppate sulla fascia destra, ma era anche uno dei migliori amici di Denis Bergamini. Da Arona, dove vive, era sceso nel profondo sud proprio con Denis e altri calciatori (Padovano, Lombardo) e di quel Cosenza e di quei giorni drammatici ancora oggi ricorda tutto con grande lucidità.

Galeazzi, che idea si è fatto dopo la riapertura dell’inchiesta?

«Mi sembra tutto ancora più strano. I presupposti per non chiuderla affatto c’erano gia 28 anni fa, la certezza che Denis non si fosse suicidato mai era stata messa in dubbio da chi, come me, conosceva Denis da anni. E non ero il solo».

Prima anomalia: lei non venne sentito dai magistrati dopo quella morte misteriosa, perché?

«Non lo so ma me lo sono sempre chiesto. Gli inquirenti mi hanno convocato solo nove anni dopo, potevo scegliere se andare a Catanzaro o parlare ad Arona. Decisi che era meglio a casa mia, dove ho raccontato tutto quel che avevo visto. Ma ripeto, era tutto strano... ricordo bene che anche il camionista venne mandato via col cadavere sulla strada, e il mezzo non venne mai sequestrato...»

Solo negligenza di chi ha condotto le indagini?

«Io un’idea mia ce l’ho. Adesso dopo 28 anni qualcuno si è svegliato, ma sa quante volte mi sono confrontato con la famiglia di Denis? La prima un po’ di tempo dopo la morte di Denis: fui invitato a Boccaleone dalla sorella, Donata, e vennero fuori considerazioni che escludevano il suicidio dopo che raccontai le ultime ore del loro congiunto. Anche davanti a lei e al papà dissi che non capivo perché, pur essendo un amico di Denis, forse l’ultimo ad averlo visto vivo, il procuratore non mi aveva chiamato. Eppure io, Michele Padovano, Claudio Lombardo eravamo gli scapoli del gruppo, si viveva insieme. Nessuno di noi pensava al suicidio, e poi...perché avrebbe dovuto farlo? Ho sentito parlare di droga e calcioscommesse... sciocchezze!».

In realtà l’ultima ipotesi è quella di una vendetta per l’aborto della fidanzata Isabella...

«Lo so, ma servono le prove. La verità è che non sono state esaminate le cose come si deve con indagini scrupolose».

Ma Denis si sentiva in pericolo per quell’aborto forzato?

«No, lui pensava di poter risolvere la cosa in maniera civile...»

Cosa successe quel maledetto sabato pomeriggio?

«Eravamo in ritiro a Rende come sempre capitava prima delle partite. Lui era sempre il primo a stimolare il gruppo e al mattino sembrava normale. Poi qualcosa è successo dopo una telefonata ricevuta in camera al pomeriggio: non so se perché costretto o minacciato sta di fatto che è stato strano che abbia deciso di lasciare il ritiro. Forse pensava di assentarsi per mezz’ora e poi rientrare, di certo non voleva suicidarsi...»

Lei è stato l’ultimo ad averlo visto vivo, al cinema Garden. Giusto?

«Sì, dopo l’allenamento andammo tutti al cinema, come da abitudine. Ci muovemmo tutti con le auto proprie, ma fu strano che anche Denis decise di venire in macchina. Di solito non lo faceva, non gli andava di parcheggiare fuori dal cinema. Evidentemente sapeva già che doveva allontanarsi per un appuntamento. Infatti poco prima che il film iniziasse, era davanti a me e si alzò. Mi fece un sorriso, si avviò verso un pianerottolo per uscire... Vidi due maschere e non so chi fossero, lui scese, poi cominciò a parlare e lo persi di vista. Anche perché poi la luce fu spenta e nessuno si accorse se fosse rientrato. Solo alle 19.30, a tavola, vedemmo che non c’era. Poi arrivò il cameriere, passò la telefonata a Simoni dicendo che c’era la fidanzata di Denis a telefono per dirci che era morto. Noi dicemmo che Denis non era piu fidanzato, pensammo ad uno scherzo... Un’altra telefonata dei carabinieri e la conferma. Col nostro “maestro“ Ranzani e l’allenatore in seconda Pini andammo sul posto. Facemmo la notte in ospedale piangendo...».

Perché dice che Bergamini non era più fidanzato?

«Perché dopo l’aborto o forse prima lui e Isabella si erano lasciati. Anzi, la domenica prima si era visto con un’altra sua ex fidanzata e mi raccontò che era felice e avevano bevuto champagne».

Ci chiarisce la vicenda della busta con i suoi vestiti?

«Anche quello è un mistero. Avevamo due factotum al Cosenza, Mimmolino e Alfredo. Avevano promesso al papà di Denis che i vestiti sarebbero stati consegnati dopo il match di Trieste. Tornarono in auto perché in aereo non c’era posto, vicino Roseto Capo Spulico fecero frontale con un camion...proprio, lì dove avevano trovato morto Denis. Casualità o altro?»

Ora cosa si aspetta?

«La verità. E verrà fuori».