Po e falda inquinati dalla raffineria. Tamoil, una condanna: fu disastro

Cremona, tre anni all’ex amministratore delegato. Assolti 4 manager

La raffineria Tamoil di Cremona

La raffineria Tamoil di Cremona

Cremona, 21 giugno 2016 - Un solo condannato, ma il disastro ambientale è confermato. La Corte d’assise di appello di Brescia ha chiuso ieri il processo d’appello per l’inquinamento della raffineria Tamoil di Cremona. Enrico Gilberti, manager della società petrolchimica, è stato condannato a tre anni per disastro colposo ambientale, con l’aggravante di aver agito con previsione dell’evento. Assolti gli altri quattro dirigenti imputati: Giuliano Billi, condannato per disastro ambientale doloso in primo grado (come lo stesso Gilberti, all’epoca quest’ultimo a sei anni); Pierluigi Colombo e Mohamed Saleh Abulaiha, condannati per disastro ambientale colposo in primo grado; Ness Yammine, già assolto in primo grado. Confermatii risarcimenti alle parti civili, che già Guido Salvini, giudice di primo grado, aveva riconosciuto: un milione di euro di provvisionale al Comune di Cremona, una somma che non ha precedenti in Italia; diecimila ai trenta soci che hanno rappresentato le società canottiere delle rive del Po, Bissolati e Flora; 50mila euro per il Dopolavoro ferroviario e 40mila a Legambiente.

La sentenza d’appello non accoglie la linea dura del procuratore generale Manuela Fasolato, che aveva chiesto di condannare i cinque imputati per avvelenamento delle acque, reato molto più grave in concorso con il disastro ambientale doloso. I sei giudici popolari, tutte donne, della Corte d’assise di appello di Brescia, guidata dal presidente Enrico Fischetti, affiancati dal giudice a latere Massimo Vacchiano, hanno individuato responsabilità nel solo Gilberti, amministratore delegato della raffineria dal 2001 al 2004. È proprio il 2001 l’anno di svolta, quando Tamoil si «autodenuncia» come sito inquinato, tuttavia non scatta una messa in sicurezza, nonostante il sistema di condotte sia un colabrodo e lasci fluire idrocarburi verso la falda acquifera e le sponde del Po, dove sorgono le società canottiere.

Solo nel 2007 si interviene con una prima pompa idraulica che ha il compito di succhiare l’inquinamento (il cosiddetto surnatante) dalla falda, per arginarne l’espansione, ed emunge dal terreno quantità ben superiori ai limiti tollerati dalla legge di benzene, piombo e idrocarburi. Il processo di appello, celebrato con rito abbreviato, si è concluso con una sentenza che assegna di nuovo alla compagnia petrolchimica il pagamento delle spese legali. La conferma dei risarcimenti apre le porte a una causa civile: un segnale deve arrivare dal ministero dell’Ambiente, che non si era costituito in primo grado parte civile nonostante fosse in possesso dal 2012 di un documento dell’Ispra che dimostrava l’entità dell’inquinamento causato da Tamoil. Mentre le canottiere, rappresentate in primo e secondo grado da una trentina di associati, potrebbero mobilitare tutti i loro iscritti: 4.500 per la Bissolati e 4.000 per la Flora.