Ebola nel villaggio di un missionario, timori nella diocesi di Cremona

Padre Vittorio Bongiovanni, originario di Bozzolo, opera in un distretto della Sierra Leone dove sono avvenuti due decessi per il virus

Padre Vittorio Bongiovanni

Padre Vittorio Bongiovanni

Cremona, 16 ottobre 2014 - La diocesi di Cremona si stringe attorno al missionario saveriano originario di Bozzolo (Mantova) padre Vittorio Bongiovanni, dopo che si è diffusa la voce, confermata dallo stesso religioso, che Ebola ha colpito anche il suo villaggio, con due decessi nelle ultime ore nel distretto di Koinadugu, in Sierra Leone, dove opera il missionario.

La notizia è di poche ore fa: martedì scorso registrati i primi due decessi. “Abbiamo l’ Ebola in casa – conferma padre Bongiovanni, interpellato via mail dagli uffici della diocesi di Cremona–. La notizia si è sparsa rapidamente. Mi ha fermato Pa’ Alie: “Padre, qui bisogna aumentare il nostro pregare”. Ed io ho aggiunto: “Bisogna aumentare anche la nostra prudenza...” Non avrei mai immaginato che una malattia, l’ Ebola, potesse distruggere la vita quotidiana di moltissime persone”. Pesanti le conseguenze: scuole e miniere chiuse, divieto di contatti umani (proibito scambiarsi a Messa il segno di pace), obbligo di lavarsi continuamente le mani (prima di entrare in chiesa con acqua clorinata).

E ancora: vietati tutti gli assembramenti di persone (annullate tutte le competizioni sportive, le danze di villaggio, i mercati...), fermato il traffico e parcheggiate auto e moto. Inoltre vi è l’obbligo di portare tutti i forestieri al capo villaggio: potrebbe trattarsi, infatti, di persone scappate da situazioni di Ebola, portatori della malattia. Tra le misure adottate anche una serie di monitoraggi sul fenomeno: “Due volte alla settimana – afferma ancora padre Bongiovanni – ci troviamo con le autorità in un incontro aperto a tutti per pianificare una strategia comune per fermare il diffondersi dell’ Ebola. È difficile. Ci siamo isolati dal resto della Sierra Leone. Nessuno può venire nel nostro distretto e se uno esce del distretto non può più ritornare. Ma siamo in una zona di foreste e colline, è facilissimo evitare le strade. E quando c’è il panico non si ragiona più, non si pensa più al bene comune, agli interessi dell’altro”.