Cremona, pozzi avvelenati: paura e silenzi

Trielina e cloroformio oltre i limiti in un piccolo paese del Cremonese. L’Arpa conferma i rilievi L’azienda che li ha scovati: "Non usiamo queste sostanze"

L'azienda chimica aperta nel 2012

L'azienda chimica aperta nel 2012

Cremona, 21 febbraio 2018 -  Due pozzi di Castel Gabbiano, paese della provincia di Cremona che conta 470 abitanti, sono inquinati. Le analisi del “Water & Life lab” sono state eseguite il 29 gennaio su richiesta della Flamma di Isso, azienda che produce principi attivi o intermedi per l’industria farmaceutica. Sono state rese note il 9 febbraio e hanno evidenziato che in un pozzo ci sono triclorometano (trielina) in quantità pari a 0.209 microgrammi per litro contro il valore massimo di 0.150 e tetracloroetilene (cloroformio), in quantità di 2.790 microgrammi per litro contro il limite di 1.1. Nel secondo pozzo invece c’è del triclorometano in quantità superiore al concesso, cioè 0.206 microgrammi/litro.

I dati hanno scombussolato la comunità. Il capogruppo di Sinistra italiana, Emanuele Coti Zelati, ha annunciato che questa mattina presenterà un esposto alle forze dell’ordine. Perché l’azienda Flamma di Isso non solo conferma che nelle sue lavorazioni questi componenti non sono presenti, ma si spinge più in là. Con una lettera indirizzata al dirigente della provincia di Cremona, settore Ambiente, mette nero su bianco questo: «L’azienda (Flamma, Ndr) non utilizza in nessun ciclo produttivo né triclorometano né tetracloroetilene». La Flamma fa un’affermazione pesantissima: «Nel corso del 2014 l’azienda aveva già segnalato agli organi competenti, come soggetto non responsabile, la presenza di triclorometano nelle acque del sottosuolo». Perché questa segnalazione è stata ignorata? Se lo chiede anche Coti Zelati. Perché la Flamma fa indagini sull’acqua di falda? Il direttore Finanza e controllo Maurizio Capelli riferisce che sono analisi di routine e ha anche informato che la Flamma è a Isso dal 2012, quando rilevò il sito dove sorgeva l’azienda Archimica, precedentemente fallita: «I due composti sono spesso presenti nelle falde della Lombardia – dice Capelli – anche se in quantità ritenuta non pericolosa. Quando la loro quantità supera i valori massimi, allora c’è qualcosa che non va». La storia dei pozzi avvelenati nasce il 26 giugno 2017 e finisce il 9 febbraio 2018. In mezzo ci sono lungaggini burocratiche che hanno ritardato le indagini e allontanato i risultati.

I pozzi sotto esame non forniscono l’acquedotto, ma solo l’irrigazione e forse per l’abbeveramento del bestiame. Ora nel Cremasco, specie nei paesi limitrofi, c’è allarme e si chiedono indagini e garanzie. Nelle persone più anziane si affaccia alla memoria la maledizione del comune di Mozzanica, primo paese della bergamasca dopo il cremasco, che per un certo periodo, negli anni ’80, era uno dei paesi a più alta mortalità infantile a causa di tumori. Il dito venne puntato proprio sull’acqua. Prove non ne arrivarono mai.