Crema, 28 giugno 2014 - Don Mauro resta prete ma ha avuto il «foglio di via» dal Cremasco: non potrà celebrare né predicare in pubblico, non potrà avere contatti con minori ed è meglio che si sottoponga per cinque anni a un’adeguata psicoterapia. Perché don Mauro Inzoli ha dato scandalo con gravi comportamenti derivati da abusi su minori. Lo dice la sentenza definitiva che risponde al ricorso presentato dall’ormai ex parroco di SS. Trinità a Crema, presidente del Banco Alimentare fino allo scorso anno, finito sotto la mannaia della commissione ecumenica. Il suo presidente, il cardinale di Ratisbona Gerhard Muller, ha notificato la decisione al vescovo di Crema il 12 giugno e mercoledì scorso all’interessato.

Il vescovo, monsignor Oscar Cantoni, ha diramato una lettera nella quale si dà la notizia: «Come cristiani siamo invitati ad accogliere sempre con un atteggiamento di fede le indicazioni che ci vengono offerte dalla santa madre Chiesa e a tradurle subito in preghiera, così da evitare inutili, quanto dannosi giudizi, che certo non contribuirebbero a creare un clima di distensione e di pace. L’invito che rivolgo è dunque di considerare il giudizio nei confronti di don Mauro alla luce di un binomio inscindibile: quello della verità e della misericordia insieme». La vicenda di don Mauro Inzoli, 64 anni, nato a Torlino Vimercati, scoppia in tutto il suo clamore a dicembre del 2012 quando il vescovo di Crema emette un comunicato nel quale si annuncia la riduzione allo stato laicale del parroco della SS. Trinità. Motivo: violazione dell’articolo 1.720, dove ci sono cinque capi d’accusa, tra i quali la pedofilia. Sconcerto perché don Mauro è un nome importante di Cl, è presidente del Banco Alimentare, è stato in predicato di diventare vescovo di Lodi, ha una chiesa sempre piena.

Gira in Mercedes e fuma il sigaro e lui dice che l’auto è un regalo e il sigaro non gli fa male. Il provvedimento però dà adito a molti dubbi. Si assiste all’immobilità della procura di Crema che fa sapere di non aver aperto alcun fascicolo nei confronti del prete. In principio don Mauro pare non voler neppure avanzare ricorso, poi però ci ripensa e negli ultimi giorni del gennaio 2013 manda il documento a Roma, perché è lì che si decide su questi casi. Ci vogliono 14 mesi per avere una risposta definitiva. Il rigore di Papa Francesco nei confronti dei preti pedofili è noto, tuttavia nei confronti di don Mauro si usa una misura diversa. Don Mauro vince il ricorso, perché non viene privato dello stato clericale e, dunque, resta prete. Tuttavia si legge che si è reso colpevole di gravi comportamenti e del conseguente scandalo, provocato da abusi su minori. E la magistratura? Nessuno ha fatto denuncia, i genitori dei piccoli abusati si sono rivolti solamente al vescovo. E, almeno per ora, anche se il reato è perseguibile d’ufficio don Mauro non entrerà in un’aula di tribunale.