Cremona, 14 novembre 2013 - UN FIGLIO a tutti i costi. E se non è possibile in Italia si va anche all’estero, spesso nei Paesi all’Est, sfidando le truffe sempre in agguato ed elargendo decine di migliaia di euro alle organizzazioni che speculano sul desiderio degli aspiranti e spesso tardivi genitori. E se si conquista un bimbo, cresciuto nell’utero di un’altra donna, non è detto che sia finita. La giustizia italiana è implacabile (anche se non univoca) nel trattare queste situazioni che individuano reati molto gravi come il ratto di minori e l’alterazione di stato civile.
Lo sa bene una coppia di Crema che si è trovata doppiamente invischiata in una vicenda assurda. Tornati in Italia dall’Ucraina con il neonato procurato attraverso un’organizzazione locale, con documenti che credevano a posto e validi anche nel nostro Paese, sono stati denunciati e privati del bambino, che ora ha quasi 2 anni, dato in affidamento. Ora sono sotto processo e l’amarezza più grande è stato dover constatare che all’esame del Dna il piccolino non era figlio del papà italiano, ma di un ignoto. Ma il sito di Biotexcom center for human reproduction, al quale gli aspiranti genitori si erano rivolti, scrive che la coppia avrebbe fatto quasi tutto per posta, compreso l’invio del seme congelato. «Hanno inviato il kit — scrive il sito — di chi era il seme mandato?».
I legale dei due coniugi, che dal 22 ottobre sono sotto processo, spiega: «L’assurdo di tutta questa storia — racconta l’avvocato Giovanni Passoni — è che questa coppia cremasca ha pagato 30mila euro per affittare una madre e avere da lei un figlio con il seme del marito e poi, quando il bambino è stato affidato alla coppia ed è approdato in Italia, l’uomo ha scoperto che il bambino non era suo figlio: il Dna ha dato un responso inequivocabile. Quindi, non solo questa coppia è sotto processo per aver cercato di iscrivere all’anagrafe un bambino che non era loro, non solo hanno pagato 30mila euro, ma sono stati truffati e beffati con la consegna di un bambino che non è loro figlio e che, anche per questo motivo, è stato loro tolto». Non pochi si sono trovati nella stessa situazione, si parla di 4.000 coppie che vanno all’estero per affittare una ragazza che metta al mondo un figlio per loro.
«DEVE intervenire la politica — continua Passoni — perché non è possibile che ciò che è legale in un Paese della Comunità non lo sia in un altro. I miei assistiti sono accusati di falsa attestazione. Hanno ottenuto un certificato perfettamente legale in Ucraina nel quale si attesta che il bambino è figlio della coppia perché laggiù la legge dice esattamente questo. Quando sono arrivati qui e sono andati all’anagrafe per registrare il figlio a loro nome, è scattata la denuncia». Caso fotocopia anche a Brescia, dove una coppia protagonista di una vicenda simile è sotto processo, ma perlomeno non si è vista privata dei figli, due gemellini. Il tribunale di Trieste ha assolto invece con formula piena marito e moglie diventati papà e mamma grazie all’utero in affitto. «Ci deve essere un solo modo per affrontare queste vicende — conclude l’avvocato Passoni — e chi si reca all’estero per queste pratiche deve stare molto attento, perché le conseguenze possono essere molto gravose».
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