Crema, 16 giugno 2013 - Truffati, , non truffatori. Gabbati da qualcuno che ha inteso lucrare sull’inguaribile desiderio di diventare genitori. E presi per i fondelli in modo disumano. Sì, perché la notizia che arriva oggi è che l’esame del Dna eseguito sul piccolo non solo esclude totalmente la madre italiana, ma anche il padre. In pratica, gli spermatozoi dell’uomo non hanno fecondato la ragazza che si è prestata a concepire e partorire un figlio per la coppia cremasca e il bambino consegnato loro non è figlio di nessuno dei due genitori.

È questa la tremenda verità con la quale si devono confrontare i due cremaschi che a breve dovranno andare davanti al collegio giudicante del tribunale di Crema per difendersi da reati che prevedono pene fino a 15 anni di reclusione. Reati però che, secondo l’avvocato Giovanni Passoni, non esistono in quanto eventualmente commessi all’estero. Cosa può essere successo, dunque in questa incredibile vicenda? Riassumiamo. Nel dicembre 2010 la coppia si mette in contatto con la BiotexCom Center Human Reproduction di Kiev, in Ucraina perché hanno appreso che lì è possibile ottenere un figlio con una madre surrogata e che tutta l’operazione, perfettamente legale, costa 30mila euro.

A gennaio 2011 la coppia va a Kiev, dove viene prelevato lo sperma dell’uomo e a marzo i cremaschi vengono avvertiti che l’impianto ha attecchito e che la ragazza che si è prestata è in attesa di due gemelli. I cremaschi volano a Kiev, conoscono la donna, assistono a un’ecografia, pagano un’altra quota del pattuito, apprendono che il parto è previsto per novembre e da allora restano in contatto con la ragazza.

A settembre arriva una telefonata nella quale i cremaschi vengono informati che il parto è stato anticipato. Volano a Kiev dove apprendono che uno dei due gemelli è morto alla nascita, mentre l’altro ce l’ha fatta. Nei giorni che seguono la clinica fa ottenere ai due un certificato di paternità e maternità, assicurando la moglie dell’uomo che in Ucraina la legge permette di iscrivere come proprio il figlio nato da una madre surrogata.

Tornano in Italia con il bambino, si presentano all’anagrafe per trascrivere i documenti ucraini e iscrivere il loro bambino, ma non c’è nulla da fare: il bambino viene loro portato via e affidato a una casa famiglia, mentre i due coniugi sono accusati di aver falsificato i documenti del piccolo e aver rapito il minore. «Tutte le accuse nei confronti dei miei clienti – dice l’avvocato Giovanni Passoni – non esistono perché anche se i documenti fossero falsi, questo reato sarebbe stato commesso fuori dall’Italia. I giudici stanno commettendo un errore».

Siamo all’esame del Dna che dice senza ombra di dubbio che il cremasco non è il padre del bambino. Cosa può essere successo? Forse la madre surrogata quando si è presentata in clinica era già incinta e quando si è presentata per gli esami, dopo l’impianto degli spermatozoi dell’italiano, le sue condizioni sono apparse chiare, forse inducendo all’errore la clinica ucraina. Questo giustificherebbe il parto anticipato e tutto il resto.

Pier Giorgio Ruggeri