Crema (Cremona), 14 dicembre 2011 - «Sono sconcertato. Sono passati cinque mesi da quelle due morti e ancora non è stata depositata la relazione sull’autopsia. Così come non c’è traccia della consulenza dattiloscopica e di quella sui computer sequestrati. Che cosa si deve concludere? Escludo che gli esperti nominati non stiano lavorando. Anzi. Allora si deve pensare che le cose non sono così semplici come sono state prospettate, che il caso non è così semplice come ci è stato detto, che la conclusione non è così semplice».

Cesare Gualazzini, prestigioso penalista cremonese, non si rifugia dietro la cortina delle perifrasi. Difensore (con il collega Marco Giusto) di Maurizio Iori, il primario oculista accusato di avere narcotizzato e poi ucciso con il gas butano l’ex compagna e la loro bambina, Gualazzini esce allo scoperto e attizza il fuoco.

Perché tanto ritardo nel deposito delle relazioni, a cominciare da quella, fondamentale, che riferire sulle cause e i tempi della morte di Claudia Ornesi, impiegata di 42 anni, e di Livia, la piccola di due anni e mezzo nata da una breve relazione con il medico. La conclusione del difensore è inevitabile: il tragico giallo non è risolto, la soluzione non è scontata.

Il ritardo nella consegna di analisi ed esami non può che esserne la riprova. A questo la difesa di Maurizio Iori aggiunge altri dubbi, altri interrogativi come quello che mette in dubbio che il gas butano fuoriuscito da sole quattro bombolette da campeggio fosse sufficiente a saturare l’ambiente e a provocare la morte di Claudia Ornesi e della sua bambina. «Mi attendo - è l’ultima freccia scagliata da Gualazzini - che agli indizi si sostituiscano le prove, che ai sospetti subentrino le certezze. Rimane la domanda: perché gli esami scientifici vanno tanto per le lunghe?». Maurizio Iori continua a essere detenuto nel carcere cremonese di Ca’ del Ferro.