Giovedì 25 Aprile 2024

Dalla nave da crociera al nulla: il giallo della scomparsa di Angelo Faliva

Cinque anni senza Angelo. Cinque anni di mistero nella scomparsa di Angelo Faliva, 31 anni, cremonese, primo cuoco della nave da crociera “Coral Princess”, svanito in un ascensore di bordo di Gabriele Moroni

Angelo Faliva davanti alla nave

Angelo Faliva davanti alla nave

Cremona, 24 novembre 2014 - Cinque anni senza Angelo. Cinque anni di mistero nella scomparsa di Angelo Faliva, 31 anni, cremonese, primo cuoco della nave da crociera “Coral Princess”. La sera del 24 novembre 2009 la “Coral Princess” è in navigazione alla volta di Cartagena, in Colombia. È salpata la sera prima dalla Florida, dopo diverse tappe la meta finale sarà Los Angeles. Alle 20.15 Angelo lascia le cucine all’ottavo piano. Sparisce in un ascensore che può solo scendere. Non lo rivedranno più. Quella sera il badge della sua cabina non viene utilizzato. Il suo compagno di stanza, un italiano, dice di non essersi allarmato troppo perché ha pensato che Angelo fosse andato in discoteca (interrompendo il servizio che avrebbe terminato alle 22 e vestito da cuoco?). Ha avvertito lo chef, un filippino con cui Angelo aveva litigato di brutto pochi giorni prima, che però si era guardato bene dal dare l’allarme, che scatta solo la mattina dopo verso le 9.

Angelo Faliva, scomparso da 5 anni

La famiglia Faliva, la mamma, il papà Roberto, storico fotoreporter, la sorella Chiara, non ha mai ceduto alla rassegnazione. Chiara si è improvvisata detective, ha viaggiato dall’Italia, agli Usa, alla Colombia, per imbattersi in una serie incredibile di stranezze, contraddizioni, circostanze inspiegabili.La polizia di Bermuda (la nave appartiene a una compagnia americana ma è registrata nell’isola) sequestra la cabina di Angelo e tutti i suoi effetti. Quando i familiari riottengono il computer e lo sottopongono a una perizia informatica, scoprono che già all’indomani della scomparsa e per diversi giorni a seguire qualcuno ha avuto accesso al pc, ha cancellato email, ha cancellato file scaricandone altri. In particolare sono stati distrutti i messaggi inviati da un certo “Tony”.A bordo manca un salvagente. La nave rimane per otto ore all’attacco nel porto di New York. Chiara Faliva riesce con molta fatica a entrare nella cabina del fratello. Trova un cappellino da cuoco, una bustina con scritto: “Capilla del Mar”. La grafia è quella di Angelo. Come se il giovane cuoco fosse stato raggiunto da una comunicazione improvvisa e fosse stato costretto ad appuntare quel nome sul cappellino. È il nome di un hotel di Cartagena, la città colombiana che la “Coral Princess” raggiunge la mattina del 25 novembre. Ad Angelo Faliva era stato fissato un appuntamento?

Chiara Faliva, sorella di Angelo

Ancora una singolarità. Angelo non si separava mai da una catenina, la teneva sempre al collo. Invece, un mese dopo la sua sparizione, la catenina viene recapitata alla famiglia in una busta chiusa, ovviamente senza mittente. Non trova credito la testimonianza di chi sostiene di avere avvistato Angelo sul ponte della nave la mattina del 25. Se così fosse, perché la sua immagine non è stata fissata da nessuna delle tante telecamere? Sei mesi dopo la scomparsa, la sorella riceve strane telefonate. Voci in inglese ma con accento dell’Est dicono che Angelo è stato ucciso. Le autorità di Bermuda aprono una inchiesta per allontanamento volontario come se per Angelo Faliva fosse stato possibile dileguarsi in alto mare e la chiudono nel 2011. In procura a Cremona rimane aperto il fascicolo per omicidio volontario a opera di ignoti.«La polizia di Bermuda - dice Chiara - è stata a Los Angeles quindici giorni dopo la sparizione di Angelo. Ha preso il computer senza neppure aprirlo. Con le autorità italiane un pianto: era la Farnesina a telefonarci per sapere se c’erano novità. Oggi abbiamo anche delle incombenze burocratiche, ma non siamo ancora riusciti a ottenere il certificato di morte presunta”. Sulla fine del fratello, Chiara Faliva non ha dubbi: «Ha visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere. Oppure hanno cercato di intrufolarlo in un giro losco. Non è un mistero che sulle navi circoli la droga. In un caso o nell’altro, è stato fatto fuori. Noi come famiglia abbiamo combattuto. Anche se è stata una battaglia contro i mulini a vento».

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