Zelbio, speleologi a caccia del "respiro". Sperimentazione nelle viscere del Triangolo lariano

Due settimane di studi in una trentina di grotte fra il San Primo, Pian del Tivano e Palanzone per capire come è fatto il mondo sotterraneo

Una delle grotte scoperte negli anni scorsi dagli speleo del Progetto InGrigna nel Triangolo Lariano

Una delle grotte scoperte negli anni scorsi dagli speleo del Progetto InGrigna nel Triangolo Lariano

Zelbio (Como), 7 marzo 2015 - Cercare il "respiro" dei monti: è questo l’ambizioso progetto che ha portato un folto gruppo di speleologi negli ultimi due fine settimana sulle montagne fra il San Primo, il Pian del Tivano e il Palanzone, in mezzo ai due rami del lago di Como, con l’obiettivo di creare una mappa dettagliata dell’intricato dedalo di grotte che si sviluppano nelle viscere del Triangolo lariano. «È la prima volta che viene tentata un’operazione del genere in un’area così vasta. Lì sotto c’è un mondo e cercheremo di scoprire quanti chilometri ci sono ancora da esplorare », commenta Maurizio Miragoli, uno dei protagonisti dell’esperimento insieme alla Federazione speleologica lombarda. È da tempo che il mondo della speleologia si interessa di quell’area carsica.

Al Pian del Tivano è stata scoperta la grotta più lunga d’Italia che misura oltre sessanta chilometri. “Ma abbiamo ragione di credere che siamo solo agli inizi di questa avventura”, commenta il ricercatore. Questa volta l’analisi dell’aria, la nuova frontiera della speleologia esplorativa, è la chiave per continuare. Il testimone arriva da lontano. Lo stesso Leonardo Da Vinci si era cimentato con le grotte e l’acqua che vi scorre all’interno dall’altra parte del lago. Ora queste esperienze hanno stimolato la fantasia di un chimico, Gianni Cella, di un’esperta di tessuti, Lia Botta e di un fisico, Adriano Vanin, che hanno pensato di unire i loro sforzi e di provare a inseguire l’aria con una nave speciale: «Un insieme di particelle odorose che avendo la stessa densità dell’aria, come nel romanzo “Viaggio Allucinante“, potevano essere rilasciate e fare un gran lavoro, ovvero raccontarci dove va l’aria in grotta».

«Come fare non è facile: ci si carica di liquidi volatili e profumatissimi, si raggiungono le grotte alla base delle montagne, per lo più sorgenti o una volta tali, si liberano i vapori, e si va a rintracciarli in giro per i monti dopo che hanno percorso molti chilometri - continua Miragoli -. Abbiamo posizionato i rilevatori alle uscite e i profumi alle entrate di alcune grotte. Sono una trentina quelle interessate dall’esperimento, (fra queste c’è quella della Niccolina, Buco del Latte, Grotta Guglielmo, Fornitori) in un’area che ne contiene una settantina». La speranza dei ricercatori è quella di capire come le grotte che “aspirano” sono collegate con quelle che “soffiano” e cercare di creare una specie di “risonanza” di tutta l’area carsica nella quale l’aria è il “liquido di contrasto”.

«L’acqua occupa solo una parte di queste grotte, mentre l’aria le occupa tutte, ecco perché per noi è fondamentale seguire il “respiro” - spiega Miragoli -. Un metodo scientifico per un’indagine innovativa, molto complessa e ancora con tante incognite. Mancano gli strumenti. Noi stessi li stiamo disegnando e sperimentando per portarli all’interno delle grotte. Fino a qualche anno fa non si sapeva nemmeno cosa andare a misurare. Sono due anni che facciamo sperimentazioni nel tentativo di trovare i liquidi giusti e i materiali che servono per assorbire i vapori e questi due fine settimana saranno fondamentali per capire». federico.magni@ilgiorno.net