Turate: assalto sulla A9, la condanna a vent'anni è definitiva

Anche per la Cassazione du Antonio Agresti a organizzare la rapina milionaria

Il furgone che trasportava i lingotti

Il furgone che trasportava i lingotti

Turate (Como), 17 maggio 2016 - La condanna a vent’anni di carcere per Antonio Agresti è definitiva. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dagli avvocati del quarantaquattrenne di Andria, ritenuto uno degli organizzatori della rapina da 10 milioni di euro in lingotti d’oro realizzata l’8 aprile 2013 sull’autostrada A9, a Turate. Agresti, arrestato a gennaio 2014, aveva scelto di essere processato con rito abbreviato, rimediando a Como la prima condanna, rimasta invariata fino all’ultimo grado di giudizio.

A lui la Squadra Mobile di Como, coordinata dal sostituto procuratore Antonio Nalesso, era arrivata anche grazie al ritrovamento di uno scontrino di una ricarica dei telefoni «citofono», utenze attivate esclusivamente per commettere la rapina e utilizzate solo dalla persone coinvolte, che sarebbe stato perso dallo stesso Agresti all’interno del capannone di Origgio, dove erano custoditi i mezzi utilizzati quella mattina per il colpo, ripresi dalle telecamere istallate sul tragitto, mentre si avviano verso l’autostrada qualche minuto prima delle 7. Agresti, che era stato assolto dalle accuse di tentato omicidio nei confronti delle sei guardia giurate che viaggiavano sui due blindati - immobilizzate con la minaccia di kalashnikov che hanno esploso decine di colpi - ha sempre dichiarato di non aver preso parte alla rapina: la linea della difesa, si è sempre mossa sottolineando i pochi elementi di colpevolezza a carico di Agresti, che sono invece stati ritenuti più che sufficienti dai giudici di due tribunali: Como il 23 dicembre 2014 e Milano il 16 luglio scorso.

Ora anche la Cassazione ha rigettato il ricorso, rendendo irrevocabili quei vent’anni di condanna. Mancano tuttora all’appello gli altri componenti della banda, almeno una ventina di persone, impiegate in vari ruoli e arrivate quasi tutti dalla Puglia, almeno secondo la ricostruzione della polizia. Le indagini avevano portato a individuare unicamente quello che è ritenuto il secondo organizzatore del colpo, Giuseppe Dinardi, 53 anni, origini pugliesi e residente a Cologno Monzese: detenuto al Bassone di Como, si dichiara tuttora innocente. Ha scelto di affrontare il processo dibattimentale per portare testimonianze e nuovi elementi a suo favore, ma il tribunale di Como lo ha condannato a trent’anni di carcere, confermati in Appello lo scorso 28 aprile, nonostante i giudici di Milano lo abbiano assolto dai tentati omicidi, derubricati in violenza privata, allineando quindi la condanna a quella dei coimputato Agresti.