Dongo, truffe con le polizze assicurative: condannata a sette anni

Cinquanta persone finiti nella rete per un ammontare di due milioni e mezzo di euro

Il tribunale di Como

Il tribunale di Como

Dongo (Como), 9 marzo 2016 – Una condanna a 7 anni e 8 mesi di carcere, andata al di là di quanto chiesto dal pubblico ministero, e nonostante lo sconto previsto dal rito abbreviato. Si è così concluso ieri il processo a carico di Adriana Angelinetta, 51 anni di Dongo, accusata di una serie di truffe e appropriazioni indebite per polizze vita mai sottoscritte, con certificati falsi apparentemente emessi dalle compagnie Italiana Assicurazioni e La Piemontese, di cui era sub agente. Una cinquantina di clienti raggirati nell’arco di un anno e mezzo nella zona dell’alto lago, dove la donna lavorava e dove aveva un importante portafoglio clienti, per un ammontare di due milioni e mezzo di euro che sarebbero stati versati dai clienti, ma mai confluiti in reali contratti assicurativi. Ieri il giudice monocratico di Como Nicoletta Cremona ha concluso un processo iniziato nel luglio 2014, andato incontro a una serie di rinvii, l’ultimo a dicembre scorso, per valutare la possibilità di risarcire le parti offese e accedere a un eventuale patteggiamento, che non si è concretizzato.

Il pubblico ministero Simone Pizzotti, al netto degli sconti previsti dal rito, aveva chiesto una condanna a sei anni di carcere, significativamente inasprita dal giudice. Le accuse erano aggravate dagli importi elevati che avrebbe incassato da buona parte dei clienti: cifre variabili dai 10 ai 250mila euro, consegnate dai clienti a più riprese, in alcuni casi spalmate in tre anni, per sottoscrivere polizze che, nelle realtà, sono risultate inesistenti. L’imputata, era accusata di aver formato falsi contratti di queste polizze, che man mano riportavano le intestazioni delle due compagnie assicurative di cui era mandataria. Il meccanismo era lo stesso spesso adottato in questi casi, che consente di far passare inosservati gli ammanchi. In un primo tempo ai clienti venivano garantiti interessi molti alti, che erano però di provenienza di un giro di altri incassi e non una reale resa di investimento. Finché la mancanza di liquidità e copertura, non è improvvisamente venuta a galla.