di Francesca Cozzi

Nicola Damiano, classe 1980 nato a Mendrisio ma varesino d'adozione, è uno dei più giovani atleti della squadra di basket italiana che parteciperà alle Paralimpiadi di Londra. Campione d'Europa con la nazionale nel 2009, Nicola non vede l'ora di iniziare l'avventura dei suoi primi Giochi: «È un'emozione fantastica, dopo quattro anni di sacrifici intensi. Per due settimane avremo gli occhi del mondo puntati addosso, dieci giorni in cui ci giocheremo tutto»

Cosa si aspetta dalla sua prima Paralimpiade?

«A guardarla da fuori un'Olimpiade è a dir poco fantastica. I miei amici giovedì mi hanno fatto una festa a sorpresa per congratularsi prima della partenza e in quel momento ho pensato "Cavolo, sta volta l'ho fatta grossa"...solo quando arriverò al villaggio capirò veramente quel che sono riuscito a fare»

Tra l'altro siete una squadra che si può definire dei record. Avete vinto un Europeo, siete arrivati tra i primi quattro ai mondiali (risultato migliore nella storia del basket in carrozzina)...

«Hanno e abbiamo scritto la storia, posto i limiti del basket italiano in carrozzina. Prima del 2003 nessun team azzurro aveva mai vinto in una competizione internazionale. Non abbiamo Michael Jordan in squadra, siamo una famiglia, ci sacrifichiamo per i nostri compagni. È questa la nostra ricetta vincente»

Quali sono i suoi obiettivi personali a Londra?

«Parto con l'idea di vivermi a pieno questa occasione. Sono stati 4 anni intensi, fatti di alti e bassi. Di euforia e tensione. Negli ultimi anni è stata presa la scelta tecnica di farmi giocare meno e questo mi ha colpito. Ma ora come ora, non vedo l'ora di arrivare al Villaggio olimpico, perché da lì in poi sarà tutto meraviglioso. La cerimonia d'apertura credo che sia il sogno di ogni atleta che gareggia per uno sport minore. E io tra poco sarò a Londra per vivermelo a pieno»

La Spagna è la vostra prima avversaria della competizione... sarà una partita difficile?

«Con la Spagna è una storia ciclica. Credo che sia sempre stata il nostro spartitraffico per il successo. Non la definirei una bestia nera. È vero agli Europei del 2011 siamo stati battuti dagli iberici ai quarti, ma in altre occasioni nel 2003 e nel 2009 ci ha portato bene. Il ricordo più fresco è quello negativo, ma in Israele abbiamo perso di 4 punti e la colpa è stata più che altro nostra. Ora lo sport ci da la splendida opportunità di rifarci. Sarà la nostra personale rivincita»

Quando si è avvicinato al basket in carrozzina?

«Ho cominciato nel 2002. A 16 ho avuto un incidente in moto, era il 1996. Da quel momento sono stato costretto alla carrozzina. Poi un giorno mia zia mi ha fatto conoscere il suo fisioterapista che mi ha fatto provare il basket e mi sono subito trovato bene. La vera occasione però l'ho avuta un giorno a Brescia, dove ho incontrato Matteo Cavagnini (capitano della Nazionale Paralimpica N.d.R.) che mi ha detto: "L'hanno prossimo cosa fai? Vuoi venire a giocare a Cantù?" e da quel momento mi si è aperto un mondo incredibile...»

Quanto è stato importante il basket per superare l'incidente e quanto è importante ora per la sua vita?

«Mi sono avvicinato al basket quando la mia situazione era ormai stabile. Avevo avuto l'incidente già da qualche anno. Ero giovane, non mi sono mai fatto abbattere dalla cosa. Pensavo di poter far sempre e comunque ciò che volevo. Ho un carattere forte che mi ha permesso di superare tutto. Ora il basket è diventato la mia vita. Mia madre mi dice sempre: "Vivi di pane e basket!". Ha ragione. La vita è troppo bella, merita di essere vissuta a pieno. Mi sento vicino a chi dopo un incidente non riesce a superare le difficoltà emotive, mi dispiace. Perché comunque si può vivere alla grande lo stesso»

Fabrizio Macchi, suo compaesano, è stato recentemente sospeso per otto mesi dalla procura e non potrà gareggiare a Londra. Cosa ne pensa? Lo ha conosciuto?

«Sì, ci siamo visti un paio di volte a Varese, per promozione di eventi sportivi. Credo nell'innocenza fino a prova contraria. Ho come l'impressione che possa diventare un secondo episodio come quello dello schermidore Baldini, escluso ingiustamente ai Giochi di Pechino. Credo ci debbano essere delle prove fondate prima di privare un atleta di un sogno, come l'Olimpiade.»

La vedremo anche a Rio?

«Lo spero, faccio parte della parte giovane di questa Nazionale. Voglio rimanere in azzurro il più possibile. Al momento i ragazzi dell'Under 22 si sono qualificati per la prima volta nella storia, al mondiale. Stanno crescendo bene. Spero che ci sia spazio anche per me a Rio... ma è un appuntamento ancora lontano»

Se dovesse arrivare il podio, con tutti gli scongiuri, a chi lo dedicherebbe?

«Lo dedicherei a chi mi è stato vicino. Il basket è stata una scelta importante ed ingombrante nella mia vita. Ho dovuto fare delle rinunce. Quante fidanzate mi hanno lasciato perché non ci si vedeva mai... (ride N.d.R.) Dedicherei la mia medaglia a chi mi vuole bene, a chi ha continuato a spingermi nonostante le privazioni che si sono dovute sopportare. La dedicherei agli amici che giovedì mi hanno già festeggiato, senza che ancora vincessi nulla...»