Erba, 3 ottobre 2011 - Entrano nel cuore dei ghiacciai per studiarli e capire come difenderli. Esplorano pozzi e gallerie attraverso mondi in continua evoluzione che possono rivelare molto sul passato e soprattutto sul futuro di questi immensi e delicati serbatoi di acqua. Due erbesi del Gruppo speleo del Cai sono i protagonisti di queste avventure che per la prima volta vengono coordinate da un team di esperti e studiosi del Progetto di speleologia glaciale. Emanuele Citterio ed Elena Marelli con la collaborazione di Paolo Testa, Paola Tognini e Andrea Ferrario, fanno parte della squadra che sta esplorando alcuni dei principali ghiacciai dell’Arco Alpino, quelli più esposti al rapido scioglimento. Un gruppo organizzato che lavora fianco a fianco con i ricercatori che si occupano di riscaldamento globale e delle conseguenze di questo sulle riserve d’acqua del pianeta.

 

È la prima  volta in Italia. Per alcuni la speleologia glaciale è un pericoloso sport estremo in ambienti difficili e impegnativi, per altri si tratta di esplorazione. «Per capire cosa sta succedendo ai nostri ghiacciai è fondamentale entrarci, conoscerne le viscere – spiega Emanuele Citterio -. Prendiamo ad esempio il ghiacciaio dei Forni in Valtellina. In soli tre anni si è ritirato di circa trecento metri e lo spessore si è ridotto di cinque o sei metri. Una situazione che ha subito una forte accelerazione proprio negli ultimi anni. Un fenomeno visibile anche sul ghiacciaio del Ventina, in Valmalenco. Secondo gli esperti fra otto anni rischia di scomparire».

 

Dopo aver preso parte ai corsi del professor Claudio Smiraglia, uno dei massimi conoscitori al mondo, gli esploratori hanno iniziato a organizzare piccoli campi su diversi ghiacciai. «Ci infiliamo in pozzi verticali o cavità subglaciali. Sono buchi che si formano come nei classici fenomeni di carsismo ma molto più rapidamente. Ogni anno cambiano. Realizziamo mappe delle cavità in modo che gli studiosi possano studiare i movimenti dei ghiacciai. Due anni fa ci è capitato di esplorare due pozzi paralleli profondi circa 40 metri.

 

L’anno scorso li abbiamo trovati completamente allagati. Bisogna entrare nel cuore del ghiacciaio per capire cosa succede lì dentro». Lo Speleo club di Erba ha avviato contatti con alcune associazioni francesi e l’esperienza si sta spostando anche oltreconfine. L’esplorazione delle cavità endoglaciali ha avuto inizio molto presto, ma per diversi anni è rimasta ristretta a un numero di persone e gruppi molto piccoli. Ora grazie anche ai corsi della Scuola nazionale di speleologia del Cai l’attività sta conoscendo una veloce evoluzione.