Rovello Porro, botte e persecuzioni: stalker condannato a 10 anni

Donna perseguitata dopo una breve relazione, minacce di morte e violenze sessuali

Le diceva che prima o poi le avrebbe dato fuoco

Le diceva che prima o poi le avrebbe dato fuoco

Rovello Porro (Como), 28 marzo 2015 - Un elenco di condotte persecutorie, minacciose e pesantemente ingiuriose lunga un’intera pagina, ma anche due incendi dolosi e volenze sessuali. Una somma di comportamenti messi in atto tra aprile e maggio dello scorso anno, che ha portato alla condanna a dieci anni di carcere per Antonino Mazzara, 30 anni di Rovello Porro. Arrestato il 16 maggio, era accusato di aver infierito ripetutamente su una donna con cui aveva avuto una breve relazione e che lo aveva lasciato notando i suoi atteggiamenti sempre più aggressivi e possessivi, sempre immotivati. Oltre a continue telefonate e invio di sms, ingiurie pesanti e ripetitive, motivate dal fatto che la donna non voleva riprendere la relazione con lui, la minacciava di morte e di volerle dare fuoco.

In un’occasione aveva scagliato bottiglie di vetro contro la sua porta di casa, perché si era rifiutata di farlo entrare, oppure le aveva gettato il telefono dalla finestra perché aveva ricevuto un messaggio. La serie di episodi raccontati in aula - davanti ai giudici Gianluca Ortore, Carlo Cecchetti e Cristian Mariani del Tribunale di Como – comprende un’aggressione nella quale l’uomo e aveva tagliato a brandelli i pantaloni che indossava, in quanto giudicati «da prostituta». In un’altra circostanza, le aveva sferrato un pugno in faccia perché lei non voleva che la accompagnasse a una festa, facendola finire in ospedale con una lesione orbitale. Le aveva poi rubato un libro contenente le foto della sua famiglia, dandogli fuoco, ma allo stesso modo aveva bruciato altri suoi effetti personali. Infine le aveva bruciato l’auto e la porta di casa.

Le imputazioni comprendevano anche episodi di violenza sessuale avvenuti dopo essere stato lasciato, dei quali è stato riconosciuto colpevole, come di tutte le altre accuse, raccolte al termine di un’indagine condotta dai carabinieri di Turate. I militari avevano ricostruito ogni dettaglio raccontato dalla vittima nelle sue tre denunce. Non solo l’effettiva provenienza di telefonate e sms, ma anche l’aggressione che aveva portato la donna in pronto soccorso, ed esternazioni violente per le quali erano stati trovati testimoni o segni dei danneggiamenti che Mazzara si era lasciato alle spalle. Alla donna, che si è costituita parte civile nel processo, i giudici hanno riconosciuto un risarcimento in via provvisionale di 50mila euro.